venerdì 28 marzo 2014

Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione (1984) | Recensione

Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione
Voto Imdb: 6,1
Titolo Originale:The Adventures of Buckaroo Banzai Across the 8th Dimension
Anno:1984
Genere:Fantascienza / Commedia
Nazione:Stati Uniti
Regista:W.D. Richter
Cast:Peter Weller, John Lithgow, Ellen Barkin, Jeff Goldblum, Cristopher Lloyd

Buckaroo Banzai e i suoi amici

Giampy vs Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione: la storia di un baldo giovin ragazzo che si confronta con un film che molti americani e qualche italiano considerano un cult della cinematografia fantascientifica anni '80. Risultato: entrambi ne escono con le ossa rotte.

Ah, quegli occhiali sobri...
Esistono personaggi talmente perfetti che non sbagliano mai e risolvono tutto grazie alla propria intraprendenza ed intelligenza. Quelli che non devono chiedere mai e che rischiano di rasentare l'onnipotenza al punto da risultare irritanti. Permettetemi di dire che Buckaroo Banzai li batte tutti in quanto a sboronaggine. Cito liberamente dal cartello del film che appare durante i titoli di testa: Buckaroo Banzai (sì, è il suo nome. Forse) è uno scienziato, un neurochirurgo, un avventuriero, un famoso rocker chitarrista & frontman della band Hong Kong Cavaliers e protagonista dell'omonimo fumetto. Intendiamoci bene: non sto parlando del merchandise legato al film (altrimenti avrei aggiunto il videogame che ha tratto ispirazione proprio dal film), ma di cose dette o viste durante la pellicola. Sì, durante il film qualcuno legge un fumetto in cui il protagonista è lo stesso Buckaroo. Insomma, avete mai visto un neurochirurgo armato di chitarra elettrica che decide di fare un salto inter-dimensionale? E magari con l'intenzione di salvare il mondo? Se la risposta è sì, evidentemente conoscete già questo film. Se la risposta è no, lo state scoprendo adesso.
Il pick-up!
Il film inizia con Buckaroo Banzai che esegue un difficilissimo intervento chirurgico; il tempo di portarlo a termine con successo, ed ecco che lo vediamo pronto a compiere un'impresa mai vista prima. Il nostro Illuminato ha infatti elaborato uno speciale marchingegno in grado di varcare le dimensioni e l'ha montato su un pick-up della Ford (un modello F-350 per essere precisi). Il succo di questa impresa è lanciarsi contro una montagna con suddetta auto taroccata all'inverosimile per dimostrare che, al posto dello schianto, tutti vedranno la macchina sparire per poi ricomparire oltre la montagna. Grazie ad un balzo dimensionale. L'esperimento riesce (quasi) perfettamente e, a dimostrazione dell'avvenuto balzo, attaccato alla macchina c'è un ributtante organismo proveniente dall'ottava dimensione, proprio quella raggiunta da Buckaroo Banzai.
Il Dr. Lizardo (a sinistra)
L'esperimento ha risonanza mondiale e la notizia raggiunge il Supercattivone del film, il Dr. Emilio Lizardo, che evade dal manicomio criminale in cui era rinchiuso. Il suo obiettivo è semplice: impossessarsi del marchingegno e riuscire così ad andare nell'ottava dimensione. A fare cosa, non me lo ricordo, scusate. Ad incasinare il tutto ci sono gli alieni provenienti da questa dimensione, divisi in due razze: i Rossi e i Neri Rasta. Ah! Gli alieni sono tra noi, travestiti da umani, e non possiamo distinguerli. Solo chi resta folgorato da una cabina telefonica (!!! - così succede a Buckaroo) acquisisce il potere speciale di riconoscerli. Insomma, gli alieni sono in lotta fra loro e minacciano di distruggere la Terra. Toccherà a Buckaroo Banzai cercare di salvare il mondo con l'aiuto della sua banda, gli Hong Kong Cavaliers, insieme allo zoccolo duro di amici e fan che accorrono ad assisterlo. Come avete appena notato, la trama è un guazzabuglio incasinato all'inverosimile. Sembra, in effetti, che gli autori si siano calati d'acido prima di mettersi a scrivere le prime righe. E pure quelle successive.

Gli alieni.
Parlare in modo critico e dettagliato di un film simile è, forse, fatica sprecata. Buckaroo Banzai non ha chissà quali pretese; il regista e gli autori hanno voluto divertirsi (e penso l'abbiano fatto fragorosamente), e hanno inserito tutte le cazzate che venivano loro in mente. Del tipo: "Ci mettiamo questa bella anguria in una pressa, senza un motivo?", "Fiiiiigo dai facciamolo!". Oppure: "Facciamo che gli alieni cattivi, che sembrano brutti e cattivi ma che poi in realtà sono i buoni, assomiglino tutti a Bob Marley?", "Cazzo, subito! Genio! Genio!". Fossi stato in quegli anni, probabilmente anch'io avrei fatto lo stesso. Anzi, rettifico: lo farei pure adesso. Bisogna capire però se questo frullato di assurdità possa piacere anche agli spettatori. Quando uscì nei cinema americani nel 1984 il film fu un flop colossale, ma col tempo ha acquisito lo status di cult - esclusivamente in America - dopo il rilascio della versione home video. Non so se sia una causa o un effetto, ma l'elenco dei film che in seguito hanno citato Buckaroo Banzai è bello nutrito. E' un dato inequivocabile del fatto che il film abbia davvero lasciato un segno; ne cito alcuni, tenendo presente che l'elenco completo si trova qui. Mad Max oltre la sfera del tuono, Ritorno al futuro (il flusso canalizzatore!), Grosso guaio a Chinatown, Le ragazze della Terra sono facili, Essi vivono, Atto di forza, Fight Club, Matrix Reloaded. Niente male, nevvero?
Christopher Lloy e la sua espressione corrucciata.
Perché Buckaroo Banzai è un cult? Onestamente, non so darmi una risposta. Il film è oggettivamente brutto. Brutto nell'accezione che potremmo dare se dovessimo descrivere la figlia di Fantozzi. Eppure... ha un qualcosa di stranamente magnetico che cattura l'attenzione. Solo a sprazzi e per giunta troppo brevi. Ma qualcosa c'è, s'intravede. Il cast, per esempio: leggo i nomi, e scuoto mestamente la testa. Penso che questo film sia un incredibile esempio di come un cast ricco di nomi di spicco sia stato usato così malamente. Il protagonista è Peter Weller: tutti ce lo ricordiamo per Robocop; intorno a lui si muovono Jeff Goldblum (uno degli attori più riconoscibili, negatelo se ne avete il coraggio!), Ellen Barkin nel massimo del suo splendore, il sempre grandissimo Christopher Lloyd e soprattutto l'immenso John Lithgow nella parte del supercattivo Lizardo. Se escludiamo quest'ultimo, autore di una grandissima interpretazione, sono costretto a stendere un pietoso velo su tutti gli altri nomi appena elencati: la recitazione è agghiacciante. Sembra di assistere al filmino della recita dell'oratorio. Meglio, anzi peggio: paiono le scene scartate prima del montaggio finale... i dialoghi sono assurdi, le espressioni di sorpresa sembrano prese direttamente dalle foto delle pubblicità dei Big Jim di Topolino, le scene concitate sono coreografate in modo pietoso e dilettantesco.
Un inguardabile Jeff Goldblum
Per essere un film a basso/medio budget, gli effetti speciali non sono però da buttare via, anzi. Molte scene sono ben fatte e risultano godibili. A rovinare tutto, però, sono i costumi e quel look terrificante che marchia in modo indelebile il film come sottoprodotto genuinamente anni ottanta. Può essere il suo più grande difetto, ma anche il suo tratto più distintivo. Potrei quasi definirlo un "delirio visivo pop". Purtroppo a me non è bastato. Non basta una colonna sonora elettro-pop genuinamente eighties, non basta la follia generale di cui è permeato, non bastano gli effetti speciali che, per essere di quell'epoca, avevano dei colpi di genio. La somma delle parti, purtroppo, è stata un vero sfacelo. Compreso un montaggio pessimo e una sceneggiatura inesistente. La regia di W.D. Richter è oggettivamente da mani nei capelli (quelli di Lithgow). Non ringrazierò mai abbastanza Richter per aver, di fatto, firmato la sceneggiatura di Grosso Guaio a Chinatown, ma non posso dire che abbia realmente lasciato un solco nella storia come regista: finora ne ha diretto un altro, lo sconosciuto Surgelati Speciali (1991) di cui non so assolutamente nulla. Ok, ammetto la mia ignoranza. Va un po' meglio la sua carriera come sceneggiatore: oltre al citato cult di John Carpenter, Richter ha firmato Cose Preziose (dimenticabile film tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King), Brubaker (1980, con Robert Redford), A casa per le vacanze (1995, di Jodie Foster con Robert Downey Jr.) e Stealth - Arma Suprema (2005, di Rob Cohen).
Ellen Barkin, anzi la coscia di Ellen Barkin
Il colpo di grazia arriva con questa osservazione: mentre assistevo esterrefatto al film, mi è successa una cosa che mi capita davvero raramente. Non vedevo l'ora che Buckaroo Banzai finisse, mentre l'ansia di veder scorrere i minuti troppo lentamente mi corrodeva il cervello. Quando finalmente sono arrivati i fantastici titoli di coda (che valgono tutto il film, e che riassumono in tre minuti la quintessenza e la folle cialtroneria di Buckaroo Banzai), ho tirato un lunghissimo sospiro di sollievo. L'agonia è finita!, ho pensato, è finita in modo dignitoso ma, cazzo, non ne potevo più!
Ecco l'epitaffio su questo film: un cult suo malgrado, che con gli occhi di oggi diventa di difficile digestione.
Solito commento finale, a margine, sulla versione italiana. Per ignoti motivi, la dimensione citata nel titolo italiano è la quarta; sia nel titolo originale americano che nella traduzione italiana dei dialoghi, la dimensione effettiva è l'ottava. Spiegatemi il perché, vi prego. Forse la parola "ottava" allungava troppo il titolo? (di una lettera...) Forse hanno deciso che otto dimensioni erano troppe e le hanno dimezzate d'ufficio? Misteri dei distributori italiani.

Vorrei infine condividere con voi questa riflessione. Il mio giudizio finale sul film è una sonora stroncatura, ma... c'è un ma grosso come una casa e che pesa tanto quanto l'antimateria. Ho ripensato alla recensione che ho fatto sul film The Barbarians & Co. e mi si è accapponata la pelle. Per capire perché, vi invito a leggerla e di tornare qui subito dopo.
L'avete fatto?
Ecco la riflessione. Fino a che punto la nostalgia influenza i giudizi di una persona?
Ellen Barkin, anzi l'altra
coscia di Ellen Barkin.
The Barbarians non è certamente un film migliore di Buckaroo Banzai, anzi: è di una rozzezza e demenzialità quasi fuori scala. Eppure l'ho trattato con una certa indulgenza canaglia mentre una lacrimuccia scendeva sulla tastiera. Perché l'ho sentito mio, parte della mia stessa esistenza. Buckaroo invece sbuca dal nulla, pur essendo sempre figlio di quegli anni, eppure non mi appartiene e non mi ha comunicato niente. Solo un po' di sana follia e una sottile, bastarda voglia di prendere a ciabattate il televisore. Non c'è niente da fare, questo dimostra due cose: primo, che non sarò mai bravo a recensire un film che ho vissuto troppo in epoche lontane; secondo, che Buckaroo Banzai è invecchiato male, anzi malissimo. Insomma, io dico sempre: portiamo rispetto agli anziani. Tranne a quelli che intasano le poste di prima mattina o si mettono in coda alla banca quando io sono obbligato a prendere un permesso dal lavoro. Buckaroo Banzai è un po' il vecchietto scassaminchia che invece si improvvisa capocantiere a bordo strada, con le mani giunte dietro la schiena. Da osservare con un misto di pietà e tenerezza, mentre mentalmente gli dai un buffetto sulla guanciotta.

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama:
4
Folle, assurda, inesistente, senza capo né coda. Frutto di LSD mischiato con vodka al melone.
Musiche:
7
Soundtrack inequivocabilmente anni ottanta: non posso non apprezzarla.
Regia:
5
Del fatto che ci fosse un regista, me ne sono accorto nei titoli di coda. Montaggio raccapricciante, scene scollegate, azioni con un rapporto di causa-effetto  totalmente casuale e per nulla giustificato. Un delirio.
Ritmo:
5
Non vedevo l'ora che il film finisse. Non è un buon biglietto da visita...
Violenza:
4
Non è violento e le scazzottate sono ridicole.
Humour:
7
E' un film profondamente cialtrone; riderete per alcune sue trovate e riderete per altre sue assurdità inaspettate. Indubbiamente è un film che diverte.
XXX:
1
Non metto zero solo in onore delle gambe di Ellen Barkin. Ho detto.
Voto Globale:
4,5
In tutta onestà, non è un film che consiglierei. Irritante a tratti a causa del protagonista, ansiogeno a causa della voglia di arrivare indenni alla fine. Ma sempre e comunque genuinamente anni ottanta. Se vi piace il suo spirito cialtrone e fumettoso, se ritenete che i vostri film preferiti abbiano un debito con Buckaroo Banzai, portatelo pure alla sufficienza. Con me, purtroppo, qualcosa si è inceppato e non ha funzionato.

martedì 25 marzo 2014

Snowpiercer (2013) | Recensione

Snowpiercer
Voto Imdb: 7,4
Titolo Originale:Snowpiercer
Anno:2013
Genere:Fantascienza / Azione
Nazione:Corea del Sud
Regista:Bong Joon-ho
Cast:Chris Evans, Jamie Bell, John Hurt, Tilda Swinton, Ed Harris

Rieccoci con Snowpiercer!
Sottotitolo: Assassinio (di massa) sull'Orient Express [1]

Incipit:
Siamo nel 2031. Il mondo intero è sconvolto da esplosioni di gas refrigeranti. Sulla faccia della Terra gli oceani erano scomparsi e le pianure avevano l'aspetto di desolati ghiacciai. Tuttavia, la razza umana era sopravvissuta. Su un trenino che fa ciuf ciuf in giro per il mondo.

Il paragrafo che avete appena letto è, pressapoco, il background di Snowpiercer, film sud-coreano di fantascienza liberamente tratto dal fumetto francese Le Transperceneige di Jacques Lob e Benjamin Legrand. Giusto per inquadrare meglio di cosa andremo a parlare, sappiate inoltre che:
  • Gli unici sopravvissuti umani sono finiti su questo treno dotato di motore perpetuo, in grado di alimentare all'infinito la locomotiva.
  • Il potente Wilford, che in anticipo aveva previsto l'arrivo della nuova glaciazione, è riuscito a costruire una ininterrotta linea ferroviaria che fa il giro del mondo. Il treno Snowpiercer (letteralmente, "rompighiaccio") è quindi in grado di compiere un giro completo del mondo in un anno (alla faccia di Phileas Fogg che due secoli prima ci è riuscito in 80 giorni. Forse Wilford non doveva affidarsi a Trenitalia...)
  • Il treno è un vero e proprio microcosmo e gli umani che ci vivono sono divisi in classi sociali: i poveracci in coda, i ricchi e aristocratici in testa.
  • Nel corso dei 17 anni di glaciazione ci sono state diverse rivolte degli abitanti dei vagoni di coda, tutte soffocate nel sangue.
Foto di gruppo dei poveracci protagonisti "I Buoni"
Il protagonista si chiama Curtis, è interpretato da Chris "Capitan America" Evans ed è cazzutissimo come non mai; si sente soffocare, in fondo al treno, e aspira a condizioni migliori per sé e i suoi amici. In seguito all'ennesimo sopruso dei militari aristocratici, che rapiscono alcuni loro bambini per motivi poco chiari, Curtis decide di passare all'azione ed iniziare la rivolta che da tempo covava; sarà aiutato dal vecchio saggio Gilliam (John "Kane" Hurt), dall'amico Edgar (Jamie "Billy Elliot" Bell) e dallo psicotico nonché drogato Namgoong Minsu (Song Kang-ho). Il manipolo di eroi inizia quindi un duro viaggio nel viaggio; di vagone in vagone i poveracci dovranno superare ostacoli, massacrare soldati nemici e sgominare gli aristocratici che vogliono fermare il loro folle desiderio di migliorare la propria esistenza. L'obiettivo è semplice: arrivare alla testa del treno perché chi comanda la locomotiva, comanda il treno (e quindi l'umanità intera, e quindi tutto il mondo).

- Di chi è questo?
- E' mio! E' mio! E' mio...
Carisma a pacchi.
Funziona, questo Snowpiercer? Sì e no. Diciamo che è un discreto tentativo di unire il cinema orientale con quello occidentale; il budget è uno dei più alti della storia del cinema sud-coreano - se non il più alto - e i risultati sono davanti agli occhi di tutti: cast internazionale di primo livello, effetti speciali notevoli - per quanto non appariscenti e ridondanti - e scenografie davvero fantastiche e d'impatto. Partiamo quindi dal comparto tecnico, che è sicuramente il punto forte di Snowpiercer. L'aspetto che più mi ha colpito è stata sicuramente la fotografia; i colori predominanti sono il bianco e il grigio degli esterni, mentre negli interni spiccano le tinte scure (verde, marrone, nero); è impossibile non notare, ovviamente, l'aumento della gamma cromatica che avviene durante il rocambolesco viaggio verso la testa del treno: i colori si fanno sempre più sgargianti e vividi, proprio a sottolineare l'opulenza ostentata dei vagoni più ricchi. Il tutto avviene in modo graduale e ben calibrato. Il film, va detto, vive di strappi e momenti di calma, con un'alternanza di dialoghi e scene velocissime dove la tensione esplode in un parossismo di concitazione e violenza; spesso gli spostamenti da un vagone all'altro richiedono un elevato tributo di sangue per entrambe le fazioni, e il regista non lesina sui particolari (anche se, sono convinto, lui avrebbe voluto osare di più). Le inquadrature e le sequenze seguono lo stesso ritmo ora concitato ora compassato della narrazione, segno che il regista Bong Joon-ho è uno davvero bravo: chi ha visto il thriller Memories of Murder (2003) e, soprattutto, l'horror The Host (2006) sa bene di chi stiamo parlando. Vi basti sapere che, insieme a Park Chan-wook (regista della trilogia della vendetta - fra cui l'osannato OldBoy - e produttore esecutivo dello stesso Snowpiercer) e Kim Jee-won (Two Sisters, Il buono, il matto e il cattivo, The Last Stand-L'ultima sfida) rappresenta un po' l'ondata nuova di talentuosi cineasti sud-coreani capaci di coniugare uno stile proprio e peculiare con buoni successi ai botteghini sia in patria che nel mondo. Anche l'interpretazione del cast è davvero di ottimo livello: Chris Evans, dismessi per un attimo i panni di Capitan America, ci ha fatto capire di essere un attore tutto d'un pezzo, capace di regalarci un personaggio intenso e tormentato; l'attore coreano Song Kang-ho, quasi un mostro sacro in patria, è semplicemente perfetto nella parte di Minsu. Ma, permettetemi di sottolinearlo, Tilda Swinton ci ha offerto uno dei personaggi più memorabili di questo 2013 finito da pochi mesi. La sua Mason, perfida e influente aristocratica, è disturbante, raccapricciante, genuinamente affettata ma capace di atti di inaudita crudeltà. Io sinceramente avrei considerato l'attrice almeno fra le nomination degli Oscar 2013. A chiudere gli aspetti positivi del film è senza dubbio l'audio. Io ho trovato la colonna sonora azzeccata e in grado di dare un tocco in più agli ambienti malsani che si respirano all'interno dei vagoni. Le musiche di Marco Beltrami sono una vera e propria garanzia di bravura e di adesione alle immagini.
Il problema di Snowpiercer, l'avrete notato, non risiede nel modo in cui si propone: il pacchetto audio-visivo-recitativo non ha praticamente pecche. I punti deboli, a causa dei quali il film a mio avviso non riesce a convincere appieno, sono due:
  • Sceneggiatura zoppicante
  • Momenti assurdi e senza senso aggiunti qua e là
Warning: SPOILER!
Oooooh ecco cosa c'è nella locomotiva!
La recensione senza spoiler finisce qui. Se avete già visto il film (o non ve ne frega una cippa - ma in tal caso, mi domando il perché abbiate letto fino a qui), potete proseguire nella lettura, altrimenti saltate a piè pari sul commento finale, che chiude la recensione.
Qualcuno ha detto che il film è lento e noioso in alcuni (molti?) punti. Per me non è propriamente vero. Lo dico spassionatamente, perché se un film è noioso io ho un inconfutabile metro di giudizio per stabilirlo: mi addormento secco. Sedia, divano, poltroncina... poco cambia. Con Snowpiercer non è successo. Certamente è un film lento, ma non noioso. Stiamo parlando di cinema orientale, e trovo che in molti casi il voler essere lenti ma non noiosi sia una sua caratteristica peculiare. Penso, ad esempio, al regista cinese Wong Kar-Wai e a due suoi film che ho apprezzato moltissimo: Hong Kong Express e In the mood for love; soprattutto il secondo, lento in modo quasi doloroso, ma caratterizzato da una fotografia splendidamente patinata, un montaggio virtuoso e una colonna sonora strepitosa e ossessiva. Il risultato finale mi ha tenuto imprevedibilmente incollato davanti allo schermo. Tutto questo preambolo mi serve per spiegarvi dove ha sbagliato Snowpiercer: non puoi - lo urlo! - NON PUOI costruirmi un film basato su un crescendo di tensione e deragliare (mai termine più consono) con un anti-climax quasi sul finale. Non puoi - NON PUOI, CAZZO! - interrompere il rush finale con un monologo di un quarto d'ora e spiegone annesso. Semplicemente, ammazzi lo spettatore. Rettifico: ammazzi sicuramente me. Caro Bong (evito battute sul nome), onestamente non ho capito se l'hai fatto apposta - in fondo, colpire lo spettatore con un anti-climax finale è tuo diritto farlo in quanto autore - o se ti sei piegato ad esigenze di sceneggiatura o produzione; ma con questo quarto d'ora hai ucciso il pathos del film. Poco importa se poi il film riprende con rinnovato vigore, poco importa se il finale non è nemmeno disprezzabile. L'omicidio, signori, è stato commesso. Voi spettatori e lettori che invece avete adorato questo aspetto, non picchiatemi: o sono io a non aver capito il film (e un certo modo orientale di fare cinema), o sono una mente troppo semplice. Ma dello spiegone non ne sentivo proprio il bisogno; se mi racconti un evento efferato e terrificante e lo fai soltanto inquadrando un tizio che biascica, beh, non mi colpisci per nulla. Non parlo del fatto che il non-visto spaventa più del-visto; dico che se un film è impostato con un certo taglio visivo, non puoi levarmi da sotto il naso un boccone succulento che aspettavo, dopo che hai stimolato la mia malsana curiosità. Significa che sei stronzo o che mi hai preso per il culo. Papale papale.
Forse dovreste riuscire a riconoscere il treno.
Il secondo aspetto negativo sono le accozzaglie di momenti assurdi messi in mezzo al film senza un vero motivo; forse perché facevano figo nella mente di regista e sceneggiatore, forse perché volevano raggiungere un certo minutaggio, forse perché nemmeno Bong lo sa. Ci sono alcuni buchi di sceneggiatura che potevano essere tranquillamente colmati sacrificando lo spiegone di cui sopra. Spiegatemi che cazzo significa la scena nel finale in cui uno dei due bambini sbuca dal nulla e si infila sul ponte di comando della locomotiva che si apre all'improvviso. Beh, quel bambino lo vediamo all'inizio del film, in questa scena, poi il nulla. Già ha più senso il bimbo che viene usato perché ha le mani piccole e serve come parte di ricambio vivente dei complessi meccanismi del motore perpetuo... mi si dirà che era una procedura d'emergenza e che il bambino era stato addestrato allo scopo: io non l'avevo mica capito, segno che la scena è fatta e raccontata male. Vogliamo parlare del cattivone antagonista che non muore mai, neanche fosse Squalo / Jaws di James Bond? O della scena ridicola in cui Curtis e il vorrei-essere-Jaws-ma-non-posso svuotano un caricatore intero contro un vetro infrangibile, quasi a fare a gara a chi ce l'ha più lungo? Dopo che è stato detto allo sfinimento che sul treno c'è drammatica penuria di munizioni... Perfino la micro-sottotrama dei bigliettini è stata sviluppata molto male. C'è il mistero di chi li ha scritti e del perché l'ha fatto; ma il protagonista quasi se ne sbatte la ciolla, al punto che quando viene fatta la rivelazione, beh, noi spettatori l'avevamo capito già da un pezzo e la nostra reazione è stata un misto fra: "Eh?" e "Esticazzi?" Vi lascio, infine, con una domanda oziosa posta da La Moglie, domanda della quale disconosco ogni paternità: "Appurato che sul treno ci sono giardinieri giapponesi e che in una scena si sente distintamente parlare in giapponese, perché a cucinare il sushi è un cuoco nero?"
Nota di demerito, infine, sulla pubblicità italiana: quando leggo espressioni roboanti del tipo "Lascerà il segno come Blade Runner o Matrix" (MyMovies) o "Uno dei migliori film di fantascienza dai tempi di V for Vendetta" (Ciak), ecco che i cosiddetti mi rotolano a valle. E' dal 1982 o giù di lì che tutti i film accostati dalla critica a  Blade Runner hanno fatto pietà. I casi sono due: o la critica non capisce un cazzo, o Blade Runner porta sfiga. Fate voi. Oh oh oh (immaginatemi mentre rido tenendomi la panza tipo Babbo Natale).

Commento finale
Equilibrio. Ecosistema. Manca giusto il Bigo.
Snowpiercer, a mio avviso, non è comunque un film banale. Non parla (solo) di lotta di classe, non è una (facile, pedestre) critica sociale. E' un film che ha come tema centrale l'equilibrio. L'equilibrio precario della razza umana, confinata su un mezzo di metallo che autoalimenta la sopravvivenza sua e di chi ci vive; equilibrio del microcosmo all'interno del treno; equilibrio delle singole celle (i vagoni), ciascuna delle quali è a sua volta un piccolo mondo a sé; infine, equilibrio imposto da Wilford come unico modo razionale e allo stesso tempo cinico, machiavellico, di perpetuare lo status quo. Qualcosa, ovviamente, romperà tutta questa catena di equilibri, e un regista pessimista come Bong sa come usare da detonatore uno dei suoi attori feticci: la bellezza interiore del film è tutta nelle sequenze di passaggio da un equilibrio all'altro. Peccato che questi ultimi siano stati ingigantiti da una sovrastruttura di cazzatone e momenti assurdi poco credibili che minano... proprio l'equilibrio generale del film. Ecco il vero difetto di Snowpiercer: non è un film equilibrato. E la cosa un po' mi spiace, perché bastava poco per trasformarlo in uno dei migliori film di genere del 2013. Promosso, quindi, ma con qualche riserva.

[1] Crediti per il sottotitolo. Autore: La Moglie

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 5
Media fra lo spunto iniziale fantastico (dovuto al soggetto non originale del film) e il non perfetto bilanciamento dei vari momenti clou del film. Bella storia, qualche cazzatona di troppo, terrificante anti-climax quasi finale.
Musiche: 8
Splendida la colonna sonora di Marco Beltrami. L'ho trovata davvero indispensabile per una resa così ottimale dell'atmosfera. Promossa.
Regia: 8
Il regista è un grande, con la cinepresa ci sa davvero fare e i momenti di transizione da un vagone all'altro sono da scuola del cinema. Applausi.
Ritmo: 5,5
Non posso dare la sufficienza ad un film davvero lento. Come scritto in sede di recensione, è però un film lento ma non noioso. Gli scoppi di violenza e azione sono sicuramente strepitosi, ma si poteva fare meglio.
Violenza: 7
Violenza più psicologica che reale, ma alcuni scontri sono davvero efferati (l'assalto con le asce è un esempio perfetto). Ho la segreta convinzione che se il film fosse stato fatto totalmente in Corea, il regista si sarebbe spinto anche oltre.
Humour: 3
Film serio che si prende sul serio.
XXX: 0
Zero. Poi ci pensa Tilda Swinton ad uccidere ogni pretesa di libido...
Voto Globale: 6,5
Non riesco a dare di più, nonostante i suoi aspetti positivi perché, in fondo, è un film bilanciato male. Durante la visione l'ho apprezzato davvero tanto e l'ho seguito con passione; ma è uno di quei casi in cui, ripensandoci dopo, l'entusiasmo un po' scema a causa di troppe incongruenze. Peccato!
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