venerdì 22 agosto 2014

Sharknado 2 - The Second One (2014) | Recensione

Sharknado 2 - The Second One
Voto Imdb: 4,8
Titolo Originale:Sharknado 2 - The Second One
Anno:2014
Genere:Azione / Catastrofico
Nazione:Stati Uniti
Regista:Anthony C. Ferrante
Cast:Ian Ziering, Tara Reid, Vivica A. Fox, Kari Wuhrer, Mark McGrath

Squali in metropolitana? Ebbene, sì! E questo non è nulla...
Doverosa premessa: del primo Sharknado ho detto tutto nella recensione ad esso dedicato. Vi consiglio una lettura veloce, tanto per farvi una piccola rinfrescata alla memoria, anche se difficilmente - se bazzicate questo blog e questo genere di filmoni - non saprete di cosa sto parlando.


Il cosplay più geniale mai escogitato.
Sharknado 2: The Second One nasce sull'onda dell'entusiasmo (!) generato dal primo film; è l'esempio di come si possa sfornare un seguito all'altezza delle aspettative (!) con pochi soldi e con il riciclo della stessa, geniale, premessa iniziale arricchita da molti più ingredienti per rendere la portata più saporita. La storia è più o meno la stessa: uno sharknado è un tornado talmente potente da risucchiare orde di squali inferociti, che poi si diletta a devastare le città, un po' come fanno i kaiju di Godzilla e Pacific Rim; nel primo film la devastazione ha colpito Los Angeles, nel seguito lo sharknado arriva a New York. Fin Shepard (Ian Ziering) e la moglie April (Tara Reid) sono in viaggio su un aereo diretto a New York. A nessuno passa per la mente che forse forse  la coppia porti un pochino sfiga. Infatti, l'aereo viene colpito da uno sharknado in un tripudio di citazioni che vanno da Ai confini della realtà a L'aereo più pazzo del mondo. Fin Shepard riesce ovviamente a farlo atterrare (pur non avendo mai afferrato una cloche in vita sua) mentre a New York nessuno crede alla calamità che sta per arrivare. E, va detto, a nessuno viene in mente come sia possibile incontrare uno sharknado sulla terra ferma, dal momento che il volo Los Angeles - New York non preveda tratte sul mare. Ma andiamo avanti!
La testa rotolant... eh?
Quando però il tornado arriva sulla città e stacca la testa della Statua della Libertà (non !, ma !!!) che rotola allegramente per le vie cittadine spiaccicando ignari newyorkesi come mosche, e quando di sharknadi non ce n'è uno solo ma ben tre che hanno deciso di convergere tutti a Manhattan, beh, i cazzi si fanno decisamente amari e solo Fin cercherà di risolvere la questione con l'aiuto di una ex-fiamma (Vivica Fox) e una rediviva moglie a cui era stata asportata la mano da un morso squalesco nella mattinata ma che nella sera stessa è agile e scattante (e con un make up impeccabile in ogni occasione), pronta ad affettare fauna ittica varia.
Scusate, è stato più forte di me ed è farina
del mio sacco. Notare il tocco di classe, prego.
Avrete capito da queste righe che Sharknado 2 è un film che non si prende minimamente sul serio e che cerca di sparpagliare in giro il più alto numero possibile di idee deliranti e fuori di testa. Con quali risultati? Sicuramente... esilaranti. Perché il film è tanto folle e geniale nelle sue idee, quanto pedestre e raffazzonato nella sua realizzazione, e non potrebbe essere altrimenti dal momento che stiamo parlando di una produzione The Asylum. Lasciatemi però dire una cosa: anche se tecnicamente il film è di una povertà raccapricciante (gli effetti grafici sono davvero orrendi, perfino il film delle Winx è fatto meglio) e la recitazione è ad un livello da taglio delle vene per l'imbarazzo nei confronti degli attori e comparse, ecco, il regista è riuscito a compiere un miracolo di non poco conto: il ritmo e il montaggio sono davvero ottimi! Il film scorre via che è un piacere e le avventure assurde di Fin si susseguono una dopo l'altra a velocità vorticosa, esattamente come gli squali che volano da tutte le parti, ora semplicemente mordicchiosi, ora infiammati a mo' di molotov con pinne e denti acuminati (sì, avete letto bene). Vorrei però rassicurarvi: Sharknado 2 è e resta un film abominevole, un fulgido esempio di trash all'ennesima potenza con, appunto, una marcia in più rispetto a prodotti simili. A mio avviso, Sharknado 2 supera il predecessore riuscendo ad essere "più film" e ancora più cazzaro. Il mio giudizio non può che essere positivo, a patto che si rispettino le solite condizioni che permettano di goderselo nel modo migliore: scollegare il cervello, regredire mentalmente ad una età non superiore ad una cifra, magari con l'aggiunta di un tasso alcolico che faccia scaturire una sana risata senza senso.


Will Wheaton (e moglie). Stima imperitura per quest'uomo!
Detto questo (e la recensione potrebbe essere già finita così), non posso non citare un aneddoto che rappresenta un po' l'anima di Sharknado 2. Avete presente Will Wheaton? Il bambino prodigio in Stand by Me, rilanciato poi da Star Trek Next Generation prima di attraversare anni di oblio e che oggi ogni tanto, oltre a lavorare in tv e sul web, compare in The Big Bang Theory dove interpreta se stesso in un ruolo sì secondario ma adorabile? Ecco, stavo guardando l'episodio 23 della settima stagione di questa fantastica sit-com quando in una scena si vede proprio Will che esclama: "Ho un provino per Sharknado 2!". Lì per lì mi son detto: ecco la classica battuta di Big Bang Theory che sfrutta i fenomeni nerd del momento (sì, io ho riso di gusto). Poi, quando finalmente ho messo le mie mani pacioccose sul film, ecco che in una delle sequenze iniziali appare... proprio Will Wheaton! Ovviamente si tratta di un cameo in cui fa una bruttissima fine, ma questa è stata la prima delle tante risate di gusto che mi sono fatto durante la visione. Esatto, Sharknado nel giro di un anno è diventato un (piccolo) fenomeno di nicchia, al punto che il seguito, dotato di un budget leggerissimamente superiore al primo, contiene numerosi cameo di star o presunte tali pescate a piene mani da precedenti produzioni televisive e di serie B o addirittura dal passato e che qui hanno spesso un ruolo che in qualche modo richiama quello per cui in precedenza sono diventati famosi. Qualche nome? 
Tanya Adams (Kari Wurher)
in Red Alert 2. *sospiro*
Innanzitutto il grande Robert Hays (l'indimenticato Ted Striker, pilota d'aerei nei due film L'aereo più pazzo del mondo e seguito), Kelly Osbourne, Judd Hirsch (star del telefilm '70 Taxi), Billy Rae Cyrus (beh oggi conosciamo di più la figlia Miley), il wrestler Kurt Angle, Judah Friedlander (lo abbiamo visto in 30 Rock), Kelly Ripa (presentatrice USA) e altre personalità strettamente legate al mondo televisivo americano (rapper, meteorologi, sportivi vari). Nel cast principale abbiamo invece i confermati Ian Ziering (l'unico che ci crede davvero) e Tara Reid, affiancati da Vivica A. Fox (ce la ricordiamo in Kill Bill e Independence Day) e Kari Wuhrer (per me sarà sempre l'Agente Tanya Adams in Red Alert 2, videogame del 2000). Confermato anche il regista del primo film, Anthony C. Ferrante, per la serie "squadra che vince non si tocca". D'altronde, probabilmente il convento non è che passasse di meglio.

Qui finisce la recensione senza spoiler. Se avete voglia di vedere il film, fermatevi pure e al limite riprendete la lettura dopo la visione. Oppure proseguite pure a leggere se non temete lo SPOILER SELVAGGIO o se siete certi che non vorrete mai sprecare un'ora e mezza della vostra preziosa vita con la visione di Sharknado 2. Quindi vi avviso: da qui in poi, SPOILER COME SE PIOVESSERO SQUALI HALLELUJAH!

Squali-Molotov. Lo so che non ci crederete.
In realtà il disclaimer mi serve come pretesto per sviscerare i tre punti di forza del film. Perché alla fine questo file merita il mio plauso? Per il montaggio, per il gioco delle citazioni e per le CAZZATONE A PROFUSIONE.

Gli squali arrivano a New York. Tremate, poveri stolti.
  • Il montaggio. Non pensavo fosse possibile, ma è fatto decisamente bene. Stento a credere che dietro ci siano gli stessi tizi del primo film. Non c'è un attimo di pausa, le cazzate si susseguono a ritmo davvero vertiginoso senza inutili tempi morti. Non avete idea di quanto avrei voluto essere presente ai brainstorming della produzione. Dialoghi di questo tipo devono essere stati all'ordine del giorno:
    • Sentite, ci sono questi squali che piovono... e ci siamo spostati a New York! Per cosa è famosa N.Y.?
    • ... (secondi di silenzio imbarazzato)
    • ... a... a New York ci sono gli alligatori giganti nelle fogne!
    • Bingo! E se facessimo che un alligatore si mangia un poveraccio e subito dopo arriva uno squalo che si mangia l'alligatore in un boccone?
    • Cazzo! GENIO! F4! (e giù pacche sulle spalle e high five a manetta. Fra una birra e l'altra.)
Cosa vi ricorda questa scena?
  • Il gioco delle citazioni. Ce ne sono a raffica. In molti si saranno annoiati del citazionismo fine a se stesso e probabilmente avranno pure ragione. Ma qui mi sono divertito un mondo a cercare di riconoscerle! Ecco un elenco parziale - molte le ho prese al volo, altre me le sono (ri)scoperte leggendo in giro.
    • Ai confini della realtà. Uno squalo appare sull'ala dell'aereo e distrugge un motore mentre il protagonista osserva attonito, incerto se credere o meno a quello che ha appena visto.
    • L'aereo più pazzo del mondo. L'attore di Ted Striker fa il pilota dell'aereo. Basta solo questo.
    • Frogger. Sì, il videogame. Mi sono capottato dalle risate quando Fin si trova circondato dall'acqua con gli squali che gli girano intorno. Ad un certo punto il personaggio esclama: - Frogger! - e attraversa la strada inondata balzando di squalo in squalo!
    • L'armata delle tenebre e la Casa 2, citati a più riprese: prima con la sega elettrica, poi con il braccio di Tara Reid che si trasforma in una letale arma ammazza-squali grazie ad una... sega circolare.
    • Billy Rae Cyrus è un dottore, personaggio da lui interpretato nel telefilm Doc trasmesso anche su Canale 5. (no, non l'avevo riconosciuto, tranquilli)
    • Lo Squalo. I nomi dei nuovi co-protagonisti richiamano quelli del primo film di Spielberg.
    • Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba di Kubrik (quando Fin cavalca lo squalo come Peter Sellers ha fatto con la bomba)
    • Ritorno al futuro. La scena del fulmine sull'Empire State Building mentre Ian e Vivica reggono i cavi dell'alta tensione.
    • Non l'avevo colta, ma la scena durante i titoli di coda in cui Ian Ziering mangia da solo un pezzo di pizza è un palese richiamo alla scena finale simile in The Avengers.
    • Guerre Stellari! Vivica Fox bacia Ian Ziering e gli dice "E' un portafortuna!" (ovviamente l'originale è il "For luck!" detto dalla Principessa Leia a Luke Skywalker). Non l'ho colta sul momento, e me ne dolgo abbondantemente.
La migliore scena di tutto il film. EPIC WIN!
(suvvia, chiudete un occhio per la gommosità dello squalo...)
  • Le cazzatone! Le cazzatone! Qui se ne contano in quantità smisurata... io vi citerò solo le più eclatanti, il web è pieno di elenchi dei momenti assurdi in Sharknado 2...
    • Per tutto il film Fin e cognato se la menano col fatto che un tempo si facevano chiamare il Dinamico Duo, il primo Batman e l'altro... (Robin non viene mai nominato). In una scena dal pathos intenso e drammatico, in cui tutta la famiglia è intrappolata (fuoco che arriva dall'alto, squali incazzati dal basso), i due se ne escono di nuovo con il "Ricordi i tempi del Dinamico Duo? Facciamolo! Spacchiamo i culi!". Il cognato avanza e urla allo squalo che li blocca: "Ehi, SQUALO! Guarda qua!". LO SQUALO SI VOLTA, DISTRAENDOSI, e Fin con un balzo prende l'ascia antincendio e lo accoppa inesorabilmente. Io sono letteralmente caduto dal divano.
    • All'inizio del film la moglie di Fin ha pubblicato un libro, "Come sopravvivere ad uno Sharknado". Il libro viene sfogliato per fare un autografo - con calligrafia oscena in stampatello - fatto più o meno a metà (e già ci sarebbe da ridere per questo) ma la cosa esilarante è che dall'inquadratura si capisce che in realtà il tomo è... UN MANUALE DI UN TABLET SAMSUNG! Qui un'immagine che prova questa affermazione. Hanno speso tutto il budget per i cameo, evidentemente... Ah, per la cronaca: quel libro è davvero in vendita (!)
    • In un negozio di attrezzi e utensili si vende senza problemi il NAPALM. Mi immagino quali allegri barbecue si facciano i newyorkesi...
    • E altrettanto ovviamente, al figlio viene in mente l'idea geniale di usare suddetto NAPALM con un plasticosissimo SUPER-LIQUIDATOR. Già immagino come gli si fonderà fra le mani... ma soprassediamo.
    • Il tornado stacca la testa della STATUA DELLA LIBERTA' che rotola liberamente per la città, distruggendo tutto e falciando teste senza pietà. E riesce sicuramente anche a fare qualche curva stretta. Epico.
    • Il tornado arriva in città. Non c'è niente di meglio che prendere un pick up, scoprirne il contenuto ovvero TRE seghe elettriche, accenderle tutte e lanciarle nel vortice, che le acchiappa al volo e le fa roteare furiosamente mentre le lame affettano squali come se fossero di burro. GENIALE. Ero basito con la mascella a terra. Giuro.
    • Fin parla alla moglie che è in ospedale, senza una mano che le è stata appena asportata da uno squalo. Sapete cosa le dice? Lo sapete? "Amo', in futuro quando vuoi aiutare qualcuno, ricordati di non dire: - Posso darti una mano? - ". No, ragazzi, avevo le lacrime! LE LACRIME!
    • Il film è ambientato a LUGLIO, fuori dallo stadio di New York i personaggi hanno cappotti pesanti mentre vediamo alberi senza foglie e METRI DI NEVE accumulata per terra. Già, le riprese erano effettivamente state fatte in inverno. Peccato che poi inquadrano l'interno dello stadio, con lo speaker che annuncia la sospensione della partita causa nevicata mentre C'E' UN FOTTUTO SOLE COSI'.
    • Ian Ziering cavalca, anzi surfa gli squali. Il tutto mentre un'esplosione lo sbalza a centinaia di metri per aria; durante la caduta riesce, in ordine, a: trovare una motosega svolazzante e squartare un po' di squali; acchiappare una catena con spuntone (!) con cui infilza un altro squalo per cavalcarlo e, appunto, surfarlo; dirigere suddetto squalo verso l'Empire State Building ed infilzarlo sul pennone. Beh. I miei più sinceri complimenti per l'inventiva! Mi sono alzato in piedi ad applaudire ed urlare frasi sconnesse tipo "King Kong puppami la fava!"
La CAZZATONA SUPREMA! COWABUNGA!
Beh, amici estimatori del trash, cosa aspettate? Correte a vederlo! Non ve ne pentirete. Tutti gli altri: passate pure oltre. Non sapete cosa vi perdete, e purtroppo so che non volete saperlo. Quindi in realtà, noi e voi, siamo contenti così.

P.S.: Già confermato Sharknado 3 per l'anno prossimo...

L'unica scena degna in cui è presente Tara Reid. 

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama:
6
Obiettivamente: la trama è ridicola e solo per questo meriterebbe un 3. Ma le sue idee folli, geniali e totalmente prive di senso valgono da sole un 9. Quindi media aritmetica: 6. Sì, ho riciclato voto e battuta della recensione del primo film. D'altronde stiamo parlando di un seguito, no?
Musiche:
6,5
Il fatto che i crediti iniziali contengano la ballata di Sharknado comparsa nei titoli di coda del primo film vale da solo l'ampia sufficienza. Leggetevi la recensione di Sharknado per capire di cosa sto parlando...
Regia:
5
Un notevolissimo balzo in avanti rispetto alla desolazione del primo disastroso film. Ovviamente non ci siamo ancora se ragioniamo con occhio critico, ma non posso non premiare la buona volontà. E il regista stesso ci regala un cameo (è lo sfigato crooner con la chitarra che canta in metropolitana).
Ritmo:
8
Indiavolato e senza pause. Esattamente quello che chiedo ad un film del genere. Semplicemente, il lavoro è stato davvero sorprendentemente ottimo.
Violenza:
8
Il voto è chiaramente un'esagerazione, ma voglio rendere l'idea: in quale film trovi nugoli di squali volanti che sbucano dal nulla e spiaccicano le teste umane in un tripudio di sangue putrido fatto con pessima CGI?
Humour:
7,5
Si ride con e delle cazzatone presenti nel film. Alla fine, è il vero motivo per cui qualcuno potrebbe guardarsi Sharknado. Obiettivo ampiamente centrato.
XXX:
0
Cercate altrove...
Voto Globale:
7
Se la pensate come me, il 7 è d'obbligo. Se il genere non fa per voi o se volete valutare il film con la ragione e non con il cuore, il voto può andare tranquillamente da 0 a 4 a seconda del vostro gusto personale. Per quanto mi riguarda, Sharknado 2 è riuscito ad essere migliore del primo, e per questo io lo premio abbondantemente. Non c'è nemmeno bisogno del paragrafo finale: "E' meglio o peggio di Robotropolis?"

domenica 3 agosto 2014

The Raid 2: Berandal (2014) | Recensione

The Raid 2: Berandal
Voto Imdb: 8,3
Titolo Originale:The Raid 2: Berandal
Anno:2014
Genere:Azione, Arti Marziali
Nazione:Indonesia
Regista:Gareth Evans
Cast:Iko Uwais, Arifin Putra, Yayan Ruhian, Oka Antara

Il cast completo di The Raid 2: Berandal

Carissimi, riemergo da un oblio durato troppo tempo! Questo grazie al seguito di uno dei film action più sensazionali degli anni scorsi: The Raid: Redemption, la cui recensione si trova qui. Vi consiglio di andare a leggerla, anche solo per una rinfrescata di memoria e per capire le (grosse) differenze che il seguito, The Raid 2: Berandal, ha comportato.
Come vi raccontavo nell'altra recensione, Berandal è il film di cui il regista gallese Gareth Evans aveva già scritto buona parte della sceneggiatura e delle coreografie; il poco budget a disposizione fece sì che tutta la produzione venisse dirottata su Redemption. Mai scelta fu più felice! Successo di critica e di pubblico (in senso relativo: per una realtà come questa, cinque milioni di dollari di incassi sono grasso che cola), diritti per un remake targato USA e regista e attore principale proiettati nell'olimpo della nicchia action / arti marziali. I tempi e i soldi per la produzione di Berandal erano maturi, ed eccoci qui a commentare la nuova fatica di Gareth & Iko.
Il primo dato che salta all'occhio è la durata: 150 minuti, due ore e mezza. Berandal è un film lunghissimo, forse troppo (ci torniamo su), e qui nasce il primo grosso timore, anzi terrore: non è che per caso al regista è venuta in mente la sciagurata idea di fare un film più autoriale per dare spazio a dialoghi, sceneggiatura, sofismi e cazzate assortite snob? Tranquilli, risponderò anche a questa domanda.
Il secondo aspetto che risalta subito è che, tolti i primi dieci minuti di raccordo (il film inizia un paio d'ore dopo la fine di Redemption), Berandal può essere tranquillamente considerato un film a sé stante. Il che non è necessariamente un male: è evidente lo sforzo del regista nel cercare di distaccarsi il più possibile dal primo film! Se da un lato Redempion giocava su spazi chiusi e ristretti (un palazzo) e si sviluppava nell'arco di ventiquattro ore, dall'altro Berandal gioca su spazi aperti e una narrazione molto più dilatata con, addirittura, un salto in avanti di due anni nel giro di pochi minuti.
Perdonatemi, ogni volta che leggo Yuda
mi viene in mente costui... (da Ken il Guerriero)
La primissima inquadratura del film, di stampo quasi sergioleoniano, non è stata scelta per caso: ripresa dall'alto di un campo di coltivazione, macchine in lontananza in avvicinamento e il lento incedere di alcuni personaggi, troppo lontani per poterli riconoscere. Per cinque minuti buoni ci domandiamo cosa diavolo stia succedendo, poi la violenza improvvisa: sparo e sangue a fiotti. Si tratta di un'esecuzione. La vittima è il fratello di Rama (il poliziotto protagonista sopravvissuto del primo film). Questo evento scatena il resto degli avvenimenti: Rama (Iko Uwais) ha come scopo l'arresto di Bejo (l'esecutore del fratello) per compiere così la vendetta. Rama cambia identità (ora si chiama Yuda) e si fa portare in prigione per stringere amicizia con Ucok, il figlio testa calda di Bangun, il capo di una banda in forte ascesa a Jakarta. Bangun potrebbe essere la persona giusta per avvicinarsi a Bejo e farlo fuori. Nella prigione succede il finimondo (due scene di combattimento MAGISTRALI nel giro di venti minuti) e accade l'imponderabile; Rama / Yuda vi rimarrà per due anni invece che due mesi e, all'uscita, sarà accolto da Ucok, che lo considera un amico. Lentamente, molto lentamente, la vendetta di Rama si mette in moto, mentre intorno a lui si consumano intrighi, uccisioni, risse, dialoghi, risse, doppiogiochi, risse, parole parole parole, autoscontri, risse fino ai quaranta minuti finali che spazzano via qualunque altro film di arti marziali con due combattimenti ravvicinati semplicemente DA URLO. Sì, la trama è questa e non vi racconto altro.
Rissa nel fango della prigione!
Passiamo all'analisi del film. Se guardi The Raid 2, significa che chiedi solo una cosa: botte da orbi. E se guardi il secondo, significa che hai adorato il primo. Ecco. Il vero grosso problema di Berandal è proprio il confronto con Redemption. Sono due film totalmente diversi e il solito gioco delle aspettative potrebbe rovinare parte della visione del seguito. Berandal ha uno svolgimento decisamente più dilatato e ha lasciato spazio a molti dialoghi. Gareth Evans, evidentemente, ha voluto fare un film... più film, se mi passate questa espressione. In Redemption c'è un assalto quasi suicida contro il palazzo di un signore della droga; l'azione è frenetica, incessante e si sente tensione a pacchi. C'è poco spazio per la costruzione dei personaggi e per i dialoghi: è quasi un carosello di scontri efferati. Da storia del cinema, intendiamoci. Berandal invece ha voluto avvicinarsi ad un cinema più classico, più simile a quello di Hong Kong e degli yakuza-movie giapponesi: sono evidenti alcuni richiami a John Woo (Face/Off e Hard Boiled nello specifico) e a Infernal Affairs, per esempio. Io che ho guardato il seguito praticamente all'oscuro di trama e produzione, sono rimasto spiazzato da questo cambio di registro. Ci ho dovuto ragionare su per apprezzare lo sforzo del regista. Fare un secondo The Raid uguale al primo con qualche soldo in più sarebbe stata un'operazione troppo scontata e banale; Evans ha senz'altro voluto alzare l'asticella e fare qualcosa di simile ma diverso allo stesso tempo. Mi rivolgo a te, lettore che hai adorato Redemption: Berandal va visto una seconda volta per essere apprezzato per quello che è, una volta che ti sei tolto dagli occhi il primo film. Purtroppo va detto che, a mio parere, il cambio di registro non ha completamente giovato al film. Se fosse durato una mezz'ora in meno, ecco, allora avremmo urlato al capolavoro. Ma ci sono troppe scene inutili, dialogate e addirittura altre troppo fuori contesto. Una sforbiciata a queste era secondo me doveroso: non avrebbe intaccato il respiro più ampio della narrazione e avrebbe accelerato il ritmo generale dello svolgimento. La qualità degli scontri e delle coreografie è invece sbalorditiva. Il pregio di Evans, nonché il suo tratto distintivo è questo: riesce ad escogitare scontri grandiosi, riprendendoli in modo visivamente vicino alla perfezione. Niente tremolio da parkinson-camera tanto in voga oggi, telecamere posizionate in posti assurdi e spazi ristrettissimi (il primo scontro è un 1 vs 15 nel cubicolo dei cessi della prigione. Da manuale del cinema, e siamo solo al decimo minuto). Un altro incredibile scontro avviene all'interno di un'auto e la telecamera si sposta da un finestrino all'altro, dai sedili posteriori a quelli anteriori senza soluzione di continuità! Fenomenale! Incurante del rischio di fare spoiler (vi avviso), vi elenco qui di seguito gli scontri più fenomenali del film; anche uno solo di questi non sfigurerebbe in una produzione hollywoodiana con un budget più alto di cinquanta volte. Ma noi queste scene ad Hollywood non le vedremo mai: lì non ci sono stuntmen incuranti del dolore, non ci sono scene riprese effettuate con assoluto e totale sprezzo del pericolo, magari senza assicurazioni invadenti...
  • Scontro Rama/Yuda vs 15 sgherri nei bagni della prigione.
  • Rissa totale globale fra detenuti e altri detenuti, poi fra detenuti e poliziotti. Sotto la pioggia battente, in un mare infinito di fango che rallenta i movimenti e li rende goffi; non a tutti, ovviamente.
  • Scontro allucinante nel magazzino fatiscente di un vecchio produttore di film a luci rosse e spacciatore di droga. Armi da fuoco e calci volanti si alternano a velocità inaudita.
  • Rissa in un ristorante con tanto di piastre di cottura usate per adagiare delicatamente i volti delle povere vittime.
  • Forsennato inseguimento fra automobili, mentre all'interno delle quali volano sganassoni e ginocchiate da fratture multiple.
  • Doppio scontro finale negli ultimi quaranta minuti: prima il triello fra Rama e Hammer Girl e Baseball Guy, poi il fantastico combattimento contro l'Assassino (lo sgherro di Bejo) in venti minuti di follia crescente, scena che ha richiesto ben dieci giorni di riprese.
Hammer Girl
Ecco, parliamo degli ultimi tre personaggi nominati: Berandal ha avuto anche una sbandata che qualcuno ha definito un po' manga. Hammer Girl è una ragazza sordomuta che uccide gli avversari usando due martelli; con la punta piatta frantuma tutto, con il lato togli-chiodi squarcia i poveri malcapitati. Baseball Guy usa invece una mazza da baseball metallica e spacca le teste lanciando le palline con precisione letale. L'Assassino è invece esperto di arti marziali indonesiane e si avvale dell'aiuto di lame curve micidiali con le quali strappa letteralmente le guance dei poveracci che ostacolano il suo cammino.
Baseball Guy: sfigato ma letale...
Manga o meno, questi scontri sono fra i più epici, cattivi, violenti, di esecuzione magistrale che io abbia mai visto. Soltanto nel primo The Raid c'è uno scontro superiore. Mad Dog vs 2. A proposito di Mad Dog! L'attore (nonché coreografo ufficiale di entrambi i film insieme ad Iko Uwais) ha una parte anche nel seguito, nonostante il personaggio fosse diverso. Yayan Ruhian merita rispetto! Peccato che la sua parte fosse una di quelle che io avrei tolto nel montaggio finale...
Nota finale sulle musiche: elettroniche, per nulla invasive ma adatte allo scopo e che, in alcuni casi, accompagnano l'azione in modo sublime. Nello scontro finale c'è un perfetto connubio di crescente violenza visiva e crescente cattiveria musicale fino all'esplosione conclusiva. In quel momento ero vicino all'estasi, sappiatelo. 
Yayan Ruhian, il Mad Dog del primo film. Qui irriconoscibile!
Commento finale: Berandal è un grande film, su questo non ci piove. Non piacerà alle ragazze appassionate di film sentimentali, non piacerà agli snob intellettualoidi, non piacerà agli amanti delle seghe mentali di Nolan. Ma per chi adora l'action e l'arte marziale con totale sprezzo del pericolo e del dolore, ecco, questo è un film che nel tempo diventerà una pietra miliare e un nuovo termine di paragone. Il voto l'avrete già sbirciato: Redemption aveva preso nove, Berandal non va oltre il sette e mezzo. Questo perché è un film imperfetto, funestato da una durata eccessiva, da dialoghi inutili e da scene senza senso. Redemption aveva una coerenza di fondo, Berandal a volte si perde per strada. Questo è un peccato, ma lo considero veniale. Ben vengano i tentativi del regista di migliorarsi anche battendo strade diverse da quelle conosciute. Tutto fa brodo, anche gli errori, se questi servono a sfornare il capolavoro definitivo supremo, che sarà The Raid 3. Io ci spero e ci conto!

L'epico ed indimenticabile scontro finale con l'Assassino.

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 6,5
La trama è sicuramente articolata per essere un action estremo. Non ci sono colpi di scena eclatanti, ma fa il suo dovere.
Musiche: 7
Niente Shinoda come era avvenuto nel primo film, ma il risultato è buono comunque. Musiche non invasive ma adatte allo scopo, con punte di eccellenza nel combattimento finale.
Regia: 8
Le qualità tecniche e registiche sono indubbiamente di alto livello, sopratutto se si tiene conto del budget ridicolmente basso rispetto a produzioni analoghe americane. La fotografia è eccellente e le immagini sono sempre chiare.
Ritmo: 6
E' la nota dolente di Berandal. A parte un inizio scoppiettante e un finale travolgente, la parte centrale è troppo intervallata di parti inutili e dialoghi soporiferi che rallentano eccessivamente il ritmo. Niente svolta autoriale del regista, per fortuna, ma si poteva equilibrare meglio.
Violenza: 9
Gli scontri sono il motivo principale per cui guardare questo film: e da questo punto di vista, le aspettative sono tutte soddisfatte. Ottimo lavoro di coreografia e di infermeria, dato che sicuramente gli stuntmen si sono fatti malissimo in più di una occasione...
Humour: 2
Film fottutamente serio! Punto.
XXX: 1
Poco o nulla da segnalare.
Voto Globale: 7,5
Berandal è un grandissimo film: combattimenti supremi, azione esaltante, senso di appagamento finale. Peccato per l'eccessiva durata che, di per sé, non sarebbe stato un problema se non ci fossero state troppe scene piene di dialoghi inutili. Promosso ma non all'altezza del primo. A mio giudizio.

venerdì 28 marzo 2014

Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione (1984) | Recensione

Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione
Voto Imdb: 6,1
Titolo Originale:The Adventures of Buckaroo Banzai Across the 8th Dimension
Anno:1984
Genere:Fantascienza / Commedia
Nazione:Stati Uniti
Regista:W.D. Richter
Cast:Peter Weller, John Lithgow, Ellen Barkin, Jeff Goldblum, Cristopher Lloyd

Buckaroo Banzai e i suoi amici

Giampy vs Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione: la storia di un baldo giovin ragazzo che si confronta con un film che molti americani e qualche italiano considerano un cult della cinematografia fantascientifica anni '80. Risultato: entrambi ne escono con le ossa rotte.

Ah, quegli occhiali sobri...
Esistono personaggi talmente perfetti che non sbagliano mai e risolvono tutto grazie alla propria intraprendenza ed intelligenza. Quelli che non devono chiedere mai e che rischiano di rasentare l'onnipotenza al punto da risultare irritanti. Permettetemi di dire che Buckaroo Banzai li batte tutti in quanto a sboronaggine. Cito liberamente dal cartello del film che appare durante i titoli di testa: Buckaroo Banzai (sì, è il suo nome. Forse) è uno scienziato, un neurochirurgo, un avventuriero, un famoso rocker chitarrista & frontman della band Hong Kong Cavaliers e protagonista dell'omonimo fumetto. Intendiamoci bene: non sto parlando del merchandise legato al film (altrimenti avrei aggiunto il videogame che ha tratto ispirazione proprio dal film), ma di cose dette o viste durante la pellicola. Sì, durante il film qualcuno legge un fumetto in cui il protagonista è lo stesso Buckaroo. Insomma, avete mai visto un neurochirurgo armato di chitarra elettrica che decide di fare un salto inter-dimensionale? E magari con l'intenzione di salvare il mondo? Se la risposta è sì, evidentemente conoscete già questo film. Se la risposta è no, lo state scoprendo adesso.
Il pick-up!
Il film inizia con Buckaroo Banzai che esegue un difficilissimo intervento chirurgico; il tempo di portarlo a termine con successo, ed ecco che lo vediamo pronto a compiere un'impresa mai vista prima. Il nostro Illuminato ha infatti elaborato uno speciale marchingegno in grado di varcare le dimensioni e l'ha montato su un pick-up della Ford (un modello F-350 per essere precisi). Il succo di questa impresa è lanciarsi contro una montagna con suddetta auto taroccata all'inverosimile per dimostrare che, al posto dello schianto, tutti vedranno la macchina sparire per poi ricomparire oltre la montagna. Grazie ad un balzo dimensionale. L'esperimento riesce (quasi) perfettamente e, a dimostrazione dell'avvenuto balzo, attaccato alla macchina c'è un ributtante organismo proveniente dall'ottava dimensione, proprio quella raggiunta da Buckaroo Banzai.
Il Dr. Lizardo (a sinistra)
L'esperimento ha risonanza mondiale e la notizia raggiunge il Supercattivone del film, il Dr. Emilio Lizardo, che evade dal manicomio criminale in cui era rinchiuso. Il suo obiettivo è semplice: impossessarsi del marchingegno e riuscire così ad andare nell'ottava dimensione. A fare cosa, non me lo ricordo, scusate. Ad incasinare il tutto ci sono gli alieni provenienti da questa dimensione, divisi in due razze: i Rossi e i Neri Rasta. Ah! Gli alieni sono tra noi, travestiti da umani, e non possiamo distinguerli. Solo chi resta folgorato da una cabina telefonica (!!! - così succede a Buckaroo) acquisisce il potere speciale di riconoscerli. Insomma, gli alieni sono in lotta fra loro e minacciano di distruggere la Terra. Toccherà a Buckaroo Banzai cercare di salvare il mondo con l'aiuto della sua banda, gli Hong Kong Cavaliers, insieme allo zoccolo duro di amici e fan che accorrono ad assisterlo. Come avete appena notato, la trama è un guazzabuglio incasinato all'inverosimile. Sembra, in effetti, che gli autori si siano calati d'acido prima di mettersi a scrivere le prime righe. E pure quelle successive.

Gli alieni.
Parlare in modo critico e dettagliato di un film simile è, forse, fatica sprecata. Buckaroo Banzai non ha chissà quali pretese; il regista e gli autori hanno voluto divertirsi (e penso l'abbiano fatto fragorosamente), e hanno inserito tutte le cazzate che venivano loro in mente. Del tipo: "Ci mettiamo questa bella anguria in una pressa, senza un motivo?", "Fiiiiigo dai facciamolo!". Oppure: "Facciamo che gli alieni cattivi, che sembrano brutti e cattivi ma che poi in realtà sono i buoni, assomiglino tutti a Bob Marley?", "Cazzo, subito! Genio! Genio!". Fossi stato in quegli anni, probabilmente anch'io avrei fatto lo stesso. Anzi, rettifico: lo farei pure adesso. Bisogna capire però se questo frullato di assurdità possa piacere anche agli spettatori. Quando uscì nei cinema americani nel 1984 il film fu un flop colossale, ma col tempo ha acquisito lo status di cult - esclusivamente in America - dopo il rilascio della versione home video. Non so se sia una causa o un effetto, ma l'elenco dei film che in seguito hanno citato Buckaroo Banzai è bello nutrito. E' un dato inequivocabile del fatto che il film abbia davvero lasciato un segno; ne cito alcuni, tenendo presente che l'elenco completo si trova qui. Mad Max oltre la sfera del tuono, Ritorno al futuro (il flusso canalizzatore!), Grosso guaio a Chinatown, Le ragazze della Terra sono facili, Essi vivono, Atto di forza, Fight Club, Matrix Reloaded. Niente male, nevvero?
Christopher Lloy e la sua espressione corrucciata.
Perché Buckaroo Banzai è un cult? Onestamente, non so darmi una risposta. Il film è oggettivamente brutto. Brutto nell'accezione che potremmo dare se dovessimo descrivere la figlia di Fantozzi. Eppure... ha un qualcosa di stranamente magnetico che cattura l'attenzione. Solo a sprazzi e per giunta troppo brevi. Ma qualcosa c'è, s'intravede. Il cast, per esempio: leggo i nomi, e scuoto mestamente la testa. Penso che questo film sia un incredibile esempio di come un cast ricco di nomi di spicco sia stato usato così malamente. Il protagonista è Peter Weller: tutti ce lo ricordiamo per Robocop; intorno a lui si muovono Jeff Goldblum (uno degli attori più riconoscibili, negatelo se ne avete il coraggio!), Ellen Barkin nel massimo del suo splendore, il sempre grandissimo Christopher Lloyd e soprattutto l'immenso John Lithgow nella parte del supercattivo Lizardo. Se escludiamo quest'ultimo, autore di una grandissima interpretazione, sono costretto a stendere un pietoso velo su tutti gli altri nomi appena elencati: la recitazione è agghiacciante. Sembra di assistere al filmino della recita dell'oratorio. Meglio, anzi peggio: paiono le scene scartate prima del montaggio finale... i dialoghi sono assurdi, le espressioni di sorpresa sembrano prese direttamente dalle foto delle pubblicità dei Big Jim di Topolino, le scene concitate sono coreografate in modo pietoso e dilettantesco.
Un inguardabile Jeff Goldblum
Per essere un film a basso/medio budget, gli effetti speciali non sono però da buttare via, anzi. Molte scene sono ben fatte e risultano godibili. A rovinare tutto, però, sono i costumi e quel look terrificante che marchia in modo indelebile il film come sottoprodotto genuinamente anni ottanta. Può essere il suo più grande difetto, ma anche il suo tratto più distintivo. Potrei quasi definirlo un "delirio visivo pop". Purtroppo a me non è bastato. Non basta una colonna sonora elettro-pop genuinamente eighties, non basta la follia generale di cui è permeato, non bastano gli effetti speciali che, per essere di quell'epoca, avevano dei colpi di genio. La somma delle parti, purtroppo, è stata un vero sfacelo. Compreso un montaggio pessimo e una sceneggiatura inesistente. La regia di W.D. Richter è oggettivamente da mani nei capelli (quelli di Lithgow). Non ringrazierò mai abbastanza Richter per aver, di fatto, firmato la sceneggiatura di Grosso Guaio a Chinatown, ma non posso dire che abbia realmente lasciato un solco nella storia come regista: finora ne ha diretto un altro, lo sconosciuto Surgelati Speciali (1991) di cui non so assolutamente nulla. Ok, ammetto la mia ignoranza. Va un po' meglio la sua carriera come sceneggiatore: oltre al citato cult di John Carpenter, Richter ha firmato Cose Preziose (dimenticabile film tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King), Brubaker (1980, con Robert Redford), A casa per le vacanze (1995, di Jodie Foster con Robert Downey Jr.) e Stealth - Arma Suprema (2005, di Rob Cohen).
Ellen Barkin, anzi la coscia di Ellen Barkin
Il colpo di grazia arriva con questa osservazione: mentre assistevo esterrefatto al film, mi è successa una cosa che mi capita davvero raramente. Non vedevo l'ora che Buckaroo Banzai finisse, mentre l'ansia di veder scorrere i minuti troppo lentamente mi corrodeva il cervello. Quando finalmente sono arrivati i fantastici titoli di coda (che valgono tutto il film, e che riassumono in tre minuti la quintessenza e la folle cialtroneria di Buckaroo Banzai), ho tirato un lunghissimo sospiro di sollievo. L'agonia è finita!, ho pensato, è finita in modo dignitoso ma, cazzo, non ne potevo più!
Ecco l'epitaffio su questo film: un cult suo malgrado, che con gli occhi di oggi diventa di difficile digestione.
Solito commento finale, a margine, sulla versione italiana. Per ignoti motivi, la dimensione citata nel titolo italiano è la quarta; sia nel titolo originale americano che nella traduzione italiana dei dialoghi, la dimensione effettiva è l'ottava. Spiegatemi il perché, vi prego. Forse la parola "ottava" allungava troppo il titolo? (di una lettera...) Forse hanno deciso che otto dimensioni erano troppe e le hanno dimezzate d'ufficio? Misteri dei distributori italiani.

Vorrei infine condividere con voi questa riflessione. Il mio giudizio finale sul film è una sonora stroncatura, ma... c'è un ma grosso come una casa e che pesa tanto quanto l'antimateria. Ho ripensato alla recensione che ho fatto sul film The Barbarians & Co. e mi si è accapponata la pelle. Per capire perché, vi invito a leggerla e di tornare qui subito dopo.
L'avete fatto?
Ecco la riflessione. Fino a che punto la nostalgia influenza i giudizi di una persona?
Ellen Barkin, anzi l'altra
coscia di Ellen Barkin.
The Barbarians non è certamente un film migliore di Buckaroo Banzai, anzi: è di una rozzezza e demenzialità quasi fuori scala. Eppure l'ho trattato con una certa indulgenza canaglia mentre una lacrimuccia scendeva sulla tastiera. Perché l'ho sentito mio, parte della mia stessa esistenza. Buckaroo invece sbuca dal nulla, pur essendo sempre figlio di quegli anni, eppure non mi appartiene e non mi ha comunicato niente. Solo un po' di sana follia e una sottile, bastarda voglia di prendere a ciabattate il televisore. Non c'è niente da fare, questo dimostra due cose: primo, che non sarò mai bravo a recensire un film che ho vissuto troppo in epoche lontane; secondo, che Buckaroo Banzai è invecchiato male, anzi malissimo. Insomma, io dico sempre: portiamo rispetto agli anziani. Tranne a quelli che intasano le poste di prima mattina o si mettono in coda alla banca quando io sono obbligato a prendere un permesso dal lavoro. Buckaroo Banzai è un po' il vecchietto scassaminchia che invece si improvvisa capocantiere a bordo strada, con le mani giunte dietro la schiena. Da osservare con un misto di pietà e tenerezza, mentre mentalmente gli dai un buffetto sulla guanciotta.

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama:
4
Folle, assurda, inesistente, senza capo né coda. Frutto di LSD mischiato con vodka al melone.
Musiche:
7
Soundtrack inequivocabilmente anni ottanta: non posso non apprezzarla.
Regia:
5
Del fatto che ci fosse un regista, me ne sono accorto nei titoli di coda. Montaggio raccapricciante, scene scollegate, azioni con un rapporto di causa-effetto  totalmente casuale e per nulla giustificato. Un delirio.
Ritmo:
5
Non vedevo l'ora che il film finisse. Non è un buon biglietto da visita...
Violenza:
4
Non è violento e le scazzottate sono ridicole.
Humour:
7
E' un film profondamente cialtrone; riderete per alcune sue trovate e riderete per altre sue assurdità inaspettate. Indubbiamente è un film che diverte.
XXX:
1
Non metto zero solo in onore delle gambe di Ellen Barkin. Ho detto.
Voto Globale:
4,5
In tutta onestà, non è un film che consiglierei. Irritante a tratti a causa del protagonista, ansiogeno a causa della voglia di arrivare indenni alla fine. Ma sempre e comunque genuinamente anni ottanta. Se vi piace il suo spirito cialtrone e fumettoso, se ritenete che i vostri film preferiti abbiano un debito con Buckaroo Banzai, portatelo pure alla sufficienza. Con me, purtroppo, qualcosa si è inceppato e non ha funzionato.

martedì 25 marzo 2014

Snowpiercer (2013) | Recensione

Snowpiercer
Voto Imdb: 7,4
Titolo Originale:Snowpiercer
Anno:2013
Genere:Fantascienza / Azione
Nazione:Corea del Sud
Regista:Bong Joon-ho
Cast:Chris Evans, Jamie Bell, John Hurt, Tilda Swinton, Ed Harris

Rieccoci con Snowpiercer!
Sottotitolo: Assassinio (di massa) sull'Orient Express [1]

Incipit:
Siamo nel 2031. Il mondo intero è sconvolto da esplosioni di gas refrigeranti. Sulla faccia della Terra gli oceani erano scomparsi e le pianure avevano l'aspetto di desolati ghiacciai. Tuttavia, la razza umana era sopravvissuta. Su un trenino che fa ciuf ciuf in giro per il mondo.

Il paragrafo che avete appena letto è, pressapoco, il background di Snowpiercer, film sud-coreano di fantascienza liberamente tratto dal fumetto francese Le Transperceneige di Jacques Lob e Benjamin Legrand. Giusto per inquadrare meglio di cosa andremo a parlare, sappiate inoltre che:
  • Gli unici sopravvissuti umani sono finiti su questo treno dotato di motore perpetuo, in grado di alimentare all'infinito la locomotiva.
  • Il potente Wilford, che in anticipo aveva previsto l'arrivo della nuova glaciazione, è riuscito a costruire una ininterrotta linea ferroviaria che fa il giro del mondo. Il treno Snowpiercer (letteralmente, "rompighiaccio") è quindi in grado di compiere un giro completo del mondo in un anno (alla faccia di Phileas Fogg che due secoli prima ci è riuscito in 80 giorni. Forse Wilford non doveva affidarsi a Trenitalia...)
  • Il treno è un vero e proprio microcosmo e gli umani che ci vivono sono divisi in classi sociali: i poveracci in coda, i ricchi e aristocratici in testa.
  • Nel corso dei 17 anni di glaciazione ci sono state diverse rivolte degli abitanti dei vagoni di coda, tutte soffocate nel sangue.
Foto di gruppo dei poveracci protagonisti "I Buoni"
Il protagonista si chiama Curtis, è interpretato da Chris "Capitan America" Evans ed è cazzutissimo come non mai; si sente soffocare, in fondo al treno, e aspira a condizioni migliori per sé e i suoi amici. In seguito all'ennesimo sopruso dei militari aristocratici, che rapiscono alcuni loro bambini per motivi poco chiari, Curtis decide di passare all'azione ed iniziare la rivolta che da tempo covava; sarà aiutato dal vecchio saggio Gilliam (John "Kane" Hurt), dall'amico Edgar (Jamie "Billy Elliot" Bell) e dallo psicotico nonché drogato Namgoong Minsu (Song Kang-ho). Il manipolo di eroi inizia quindi un duro viaggio nel viaggio; di vagone in vagone i poveracci dovranno superare ostacoli, massacrare soldati nemici e sgominare gli aristocratici che vogliono fermare il loro folle desiderio di migliorare la propria esistenza. L'obiettivo è semplice: arrivare alla testa del treno perché chi comanda la locomotiva, comanda il treno (e quindi l'umanità intera, e quindi tutto il mondo).

- Di chi è questo?
- E' mio! E' mio! E' mio...
Carisma a pacchi.
Funziona, questo Snowpiercer? Sì e no. Diciamo che è un discreto tentativo di unire il cinema orientale con quello occidentale; il budget è uno dei più alti della storia del cinema sud-coreano - se non il più alto - e i risultati sono davanti agli occhi di tutti: cast internazionale di primo livello, effetti speciali notevoli - per quanto non appariscenti e ridondanti - e scenografie davvero fantastiche e d'impatto. Partiamo quindi dal comparto tecnico, che è sicuramente il punto forte di Snowpiercer. L'aspetto che più mi ha colpito è stata sicuramente la fotografia; i colori predominanti sono il bianco e il grigio degli esterni, mentre negli interni spiccano le tinte scure (verde, marrone, nero); è impossibile non notare, ovviamente, l'aumento della gamma cromatica che avviene durante il rocambolesco viaggio verso la testa del treno: i colori si fanno sempre più sgargianti e vividi, proprio a sottolineare l'opulenza ostentata dei vagoni più ricchi. Il tutto avviene in modo graduale e ben calibrato. Il film, va detto, vive di strappi e momenti di calma, con un'alternanza di dialoghi e scene velocissime dove la tensione esplode in un parossismo di concitazione e violenza; spesso gli spostamenti da un vagone all'altro richiedono un elevato tributo di sangue per entrambe le fazioni, e il regista non lesina sui particolari (anche se, sono convinto, lui avrebbe voluto osare di più). Le inquadrature e le sequenze seguono lo stesso ritmo ora concitato ora compassato della narrazione, segno che il regista Bong Joon-ho è uno davvero bravo: chi ha visto il thriller Memories of Murder (2003) e, soprattutto, l'horror The Host (2006) sa bene di chi stiamo parlando. Vi basti sapere che, insieme a Park Chan-wook (regista della trilogia della vendetta - fra cui l'osannato OldBoy - e produttore esecutivo dello stesso Snowpiercer) e Kim Jee-won (Two Sisters, Il buono, il matto e il cattivo, The Last Stand-L'ultima sfida) rappresenta un po' l'ondata nuova di talentuosi cineasti sud-coreani capaci di coniugare uno stile proprio e peculiare con buoni successi ai botteghini sia in patria che nel mondo. Anche l'interpretazione del cast è davvero di ottimo livello: Chris Evans, dismessi per un attimo i panni di Capitan America, ci ha fatto capire di essere un attore tutto d'un pezzo, capace di regalarci un personaggio intenso e tormentato; l'attore coreano Song Kang-ho, quasi un mostro sacro in patria, è semplicemente perfetto nella parte di Minsu. Ma, permettetemi di sottolinearlo, Tilda Swinton ci ha offerto uno dei personaggi più memorabili di questo 2013 finito da pochi mesi. La sua Mason, perfida e influente aristocratica, è disturbante, raccapricciante, genuinamente affettata ma capace di atti di inaudita crudeltà. Io sinceramente avrei considerato l'attrice almeno fra le nomination degli Oscar 2013. A chiudere gli aspetti positivi del film è senza dubbio l'audio. Io ho trovato la colonna sonora azzeccata e in grado di dare un tocco in più agli ambienti malsani che si respirano all'interno dei vagoni. Le musiche di Marco Beltrami sono una vera e propria garanzia di bravura e di adesione alle immagini.
Il problema di Snowpiercer, l'avrete notato, non risiede nel modo in cui si propone: il pacchetto audio-visivo-recitativo non ha praticamente pecche. I punti deboli, a causa dei quali il film a mio avviso non riesce a convincere appieno, sono due:
  • Sceneggiatura zoppicante
  • Momenti assurdi e senza senso aggiunti qua e là
Warning: SPOILER!
Oooooh ecco cosa c'è nella locomotiva!
La recensione senza spoiler finisce qui. Se avete già visto il film (o non ve ne frega una cippa - ma in tal caso, mi domando il perché abbiate letto fino a qui), potete proseguire nella lettura, altrimenti saltate a piè pari sul commento finale, che chiude la recensione.
Qualcuno ha detto che il film è lento e noioso in alcuni (molti?) punti. Per me non è propriamente vero. Lo dico spassionatamente, perché se un film è noioso io ho un inconfutabile metro di giudizio per stabilirlo: mi addormento secco. Sedia, divano, poltroncina... poco cambia. Con Snowpiercer non è successo. Certamente è un film lento, ma non noioso. Stiamo parlando di cinema orientale, e trovo che in molti casi il voler essere lenti ma non noiosi sia una sua caratteristica peculiare. Penso, ad esempio, al regista cinese Wong Kar-Wai e a due suoi film che ho apprezzato moltissimo: Hong Kong Express e In the mood for love; soprattutto il secondo, lento in modo quasi doloroso, ma caratterizzato da una fotografia splendidamente patinata, un montaggio virtuoso e una colonna sonora strepitosa e ossessiva. Il risultato finale mi ha tenuto imprevedibilmente incollato davanti allo schermo. Tutto questo preambolo mi serve per spiegarvi dove ha sbagliato Snowpiercer: non puoi - lo urlo! - NON PUOI costruirmi un film basato su un crescendo di tensione e deragliare (mai termine più consono) con un anti-climax quasi sul finale. Non puoi - NON PUOI, CAZZO! - interrompere il rush finale con un monologo di un quarto d'ora e spiegone annesso. Semplicemente, ammazzi lo spettatore. Rettifico: ammazzi sicuramente me. Caro Bong (evito battute sul nome), onestamente non ho capito se l'hai fatto apposta - in fondo, colpire lo spettatore con un anti-climax finale è tuo diritto farlo in quanto autore - o se ti sei piegato ad esigenze di sceneggiatura o produzione; ma con questo quarto d'ora hai ucciso il pathos del film. Poco importa se poi il film riprende con rinnovato vigore, poco importa se il finale non è nemmeno disprezzabile. L'omicidio, signori, è stato commesso. Voi spettatori e lettori che invece avete adorato questo aspetto, non picchiatemi: o sono io a non aver capito il film (e un certo modo orientale di fare cinema), o sono una mente troppo semplice. Ma dello spiegone non ne sentivo proprio il bisogno; se mi racconti un evento efferato e terrificante e lo fai soltanto inquadrando un tizio che biascica, beh, non mi colpisci per nulla. Non parlo del fatto che il non-visto spaventa più del-visto; dico che se un film è impostato con un certo taglio visivo, non puoi levarmi da sotto il naso un boccone succulento che aspettavo, dopo che hai stimolato la mia malsana curiosità. Significa che sei stronzo o che mi hai preso per il culo. Papale papale.
Forse dovreste riuscire a riconoscere il treno.
Il secondo aspetto negativo sono le accozzaglie di momenti assurdi messi in mezzo al film senza un vero motivo; forse perché facevano figo nella mente di regista e sceneggiatore, forse perché volevano raggiungere un certo minutaggio, forse perché nemmeno Bong lo sa. Ci sono alcuni buchi di sceneggiatura che potevano essere tranquillamente colmati sacrificando lo spiegone di cui sopra. Spiegatemi che cazzo significa la scena nel finale in cui uno dei due bambini sbuca dal nulla e si infila sul ponte di comando della locomotiva che si apre all'improvviso. Beh, quel bambino lo vediamo all'inizio del film, in questa scena, poi il nulla. Già ha più senso il bimbo che viene usato perché ha le mani piccole e serve come parte di ricambio vivente dei complessi meccanismi del motore perpetuo... mi si dirà che era una procedura d'emergenza e che il bambino era stato addestrato allo scopo: io non l'avevo mica capito, segno che la scena è fatta e raccontata male. Vogliamo parlare del cattivone antagonista che non muore mai, neanche fosse Squalo / Jaws di James Bond? O della scena ridicola in cui Curtis e il vorrei-essere-Jaws-ma-non-posso svuotano un caricatore intero contro un vetro infrangibile, quasi a fare a gara a chi ce l'ha più lungo? Dopo che è stato detto allo sfinimento che sul treno c'è drammatica penuria di munizioni... Perfino la micro-sottotrama dei bigliettini è stata sviluppata molto male. C'è il mistero di chi li ha scritti e del perché l'ha fatto; ma il protagonista quasi se ne sbatte la ciolla, al punto che quando viene fatta la rivelazione, beh, noi spettatori l'avevamo capito già da un pezzo e la nostra reazione è stata un misto fra: "Eh?" e "Esticazzi?" Vi lascio, infine, con una domanda oziosa posta da La Moglie, domanda della quale disconosco ogni paternità: "Appurato che sul treno ci sono giardinieri giapponesi e che in una scena si sente distintamente parlare in giapponese, perché a cucinare il sushi è un cuoco nero?"
Nota di demerito, infine, sulla pubblicità italiana: quando leggo espressioni roboanti del tipo "Lascerà il segno come Blade Runner o Matrix" (MyMovies) o "Uno dei migliori film di fantascienza dai tempi di V for Vendetta" (Ciak), ecco che i cosiddetti mi rotolano a valle. E' dal 1982 o giù di lì che tutti i film accostati dalla critica a  Blade Runner hanno fatto pietà. I casi sono due: o la critica non capisce un cazzo, o Blade Runner porta sfiga. Fate voi. Oh oh oh (immaginatemi mentre rido tenendomi la panza tipo Babbo Natale).

Commento finale
Equilibrio. Ecosistema. Manca giusto il Bigo.
Snowpiercer, a mio avviso, non è comunque un film banale. Non parla (solo) di lotta di classe, non è una (facile, pedestre) critica sociale. E' un film che ha come tema centrale l'equilibrio. L'equilibrio precario della razza umana, confinata su un mezzo di metallo che autoalimenta la sopravvivenza sua e di chi ci vive; equilibrio del microcosmo all'interno del treno; equilibrio delle singole celle (i vagoni), ciascuna delle quali è a sua volta un piccolo mondo a sé; infine, equilibrio imposto da Wilford come unico modo razionale e allo stesso tempo cinico, machiavellico, di perpetuare lo status quo. Qualcosa, ovviamente, romperà tutta questa catena di equilibri, e un regista pessimista come Bong sa come usare da detonatore uno dei suoi attori feticci: la bellezza interiore del film è tutta nelle sequenze di passaggio da un equilibrio all'altro. Peccato che questi ultimi siano stati ingigantiti da una sovrastruttura di cazzatone e momenti assurdi poco credibili che minano... proprio l'equilibrio generale del film. Ecco il vero difetto di Snowpiercer: non è un film equilibrato. E la cosa un po' mi spiace, perché bastava poco per trasformarlo in uno dei migliori film di genere del 2013. Promosso, quindi, ma con qualche riserva.

[1] Crediti per il sottotitolo. Autore: La Moglie

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 5
Media fra lo spunto iniziale fantastico (dovuto al soggetto non originale del film) e il non perfetto bilanciamento dei vari momenti clou del film. Bella storia, qualche cazzatona di troppo, terrificante anti-climax quasi finale.
Musiche: 8
Splendida la colonna sonora di Marco Beltrami. L'ho trovata davvero indispensabile per una resa così ottimale dell'atmosfera. Promossa.
Regia: 8
Il regista è un grande, con la cinepresa ci sa davvero fare e i momenti di transizione da un vagone all'altro sono da scuola del cinema. Applausi.
Ritmo: 5,5
Non posso dare la sufficienza ad un film davvero lento. Come scritto in sede di recensione, è però un film lento ma non noioso. Gli scoppi di violenza e azione sono sicuramente strepitosi, ma si poteva fare meglio.
Violenza: 7
Violenza più psicologica che reale, ma alcuni scontri sono davvero efferati (l'assalto con le asce è un esempio perfetto). Ho la segreta convinzione che se il film fosse stato fatto totalmente in Corea, il regista si sarebbe spinto anche oltre.
Humour: 3
Film serio che si prende sul serio.
XXX: 0
Zero. Poi ci pensa Tilda Swinton ad uccidere ogni pretesa di libido...
Voto Globale: 6,5
Non riesco a dare di più, nonostante i suoi aspetti positivi perché, in fondo, è un film bilanciato male. Durante la visione l'ho apprezzato davvero tanto e l'ho seguito con passione; ma è uno di quei casi in cui, ripensandoci dopo, l'entusiasmo un po' scema a causa di troppe incongruenze. Peccato!

giovedì 9 gennaio 2014

Capitan Harlock (2013) | Recensione

Capitan Harlock
Voto Imdb: 6,4
Titolo Originale:宇宙海賊キャプテンハーロック Uchū Kaizoku Kyaputen Hārokku - Space Pirate Captain Harlock
Anno:2013
Genere:Animazione / Fantascienza / Space Opera
Nazione:Giappone
Regista:Shinji Aramaki
Cast:Shun Oguri / Gianfranco Miranda, Haruma Miura / Davide Perino, Miyuki Sawashiro / Valentina Favazza

Il cast di Capitan Harlock. Cliccare per vedere immagine in formato E di E-NOMME.

Capitan Harlock il film! Quale miglior esordio per il 2014? Uscito il primo gennaio, non potevo proprio perdermelo!

Disclaimer: questa recensione si dividerà in tre macro-sezioni: una introduttiva necessaria a chi non sa nemmeno di cosa si andrà a parlare; una seconda di commento al film in questione, senza spoiler; una terza, infine, più ad uso e consumo di chi il film l'ha già visto (conterrà quindi spoiler a manetta, ma può essere saltata da chi ancora non l'ha visto). Buona lettura, ordunque!

Parte prima: Capitan Harlock e Leiji Matsumoto

Da sinistra: Yattaran, Meeme, Yuki,
Tadashi, Harlock (serie del 1978)
Capitan Harlock ha segnato un'intera generazione, quella degli ultra-trentenni di oggi che ebbero modo di guardarlo in tv quando la Rai trasmetteva ancora cartoni animati di qualità; realizzato in Giappone nel 1978 sulla base dell'omonimo manga pubblicato un anno prima, in Italia Harlock è arrivato nel 1979 in prima tv su Rai 2; io che allora avevo appena 3 anni, ero sicuramente incollato alla tv ma di quel periodo non ricordo una cippa di nulla; ho però avuto la fortuna, nei primi anni '80, di recuperare ogni sorta di cartone giapponese, in repliche successive. Harlock è un'opera fantascientifica, che colloco nel genere Space Opera di cui l'autore Leiji Matsumoto è un esponente di spicco. Temi dominanti della space opera sono il romanticismo, il senso dell'avventura, le battaglie nello spazio e il viaggio come epopea e realizzazione di se stessi. Harlock raccoglie in sé tutti questi elementi. La storia parla di un carismatico pirata spaziale avvolto da una cappa di mistero e di aura mistica. Harlock lotta contro il sistema che sta flagellando un futuro piuttosto distopico in cui la Terra è un relitto privo di risorse a causa dello spietato sfruttamento che i terrestri hanno attuato nel corso dei secoli. Il governo e le macchine hanno soppiantato gli umani e i loro sentimenti. Il capitano ha un aspetto unico ed inconfondibile: mantello nero, cicatrice sul volto, benda nera sull'occhio destro, spada-pistola-laser al fianco e l'uccellaccio Tori-san sulla spalla; è sempre accompagnato dai fedelissimi membri dell'equipaggio: Yuki Kei, biondona ufficiale di bordo che il Capitano ha salvato da morte certa; Meeme, aliena senza bocca che si nutre solo di alcool, consigliera e voce della coscienza di Harlock; Yattaran, corpulento timoniere nonché comandante in seconda, uomo dalla battuta sempre pronta e appassionato di modellini; Tadashi, giovane quattordicenne che ne ha passate di cotte e di crude e che troverà asilo, rispetto e ideali sotto l'ala protettrice di Harlock. Altro personaggio importante, per quanto non vivente, è l'astronave Arcadia (erroneamente traslitterata dall'autore stesso come Alkadia): bandiera Jolly Roger perennemente issata, cassero con l'inconfondibile aspetto di quello di un veliero seicentesco, cannoni, rostri e una vera e propria anima contraddistinguono una delle astronavi più riuscite nel panorama della fantascienza d'animazione. E riuscitissima è la sigla italiana, forse una delle più conosciute e, a mio avviso, fra le poche a cogliere in pieno lo spirito dell'opera con poche efficaci frasi d'impatto: chi non ricorda "Il suo teschio è una bandiera che vuol dire libertà"? Grande merito va dato a Vince Tempera (compositore delle musiche) e Luigi Albertelli (scrittore del testo).
Galaxy Express 999
Tornando a Matsumoto, ecco qualche mia considerazione a margine sul suo operato che non tutti condivideranno. A mio avviso il Nostro è (stato) un grandissimo creatore di mondi e di personaggi, ma un pessimo narratore. Il suo stile è unico, distinguibile, con tanti pregi e notevoli difetti; se pensiamo ai suoi manga, non può non risaltare uno stile di disegno poco curato, soprattutto nella composizione delle figure umane; va decisamente meglio con il mecha design, dove il tratto si fa più pulito e preciso. Su tutto prevale un'aura di stile grezzo che personalmente non ho mai apprezzato. Ma ben peggiore resta lo svolgimento delle trame: lento, pomposo, basato più su ciò che viene raccontato dai personaggi che da vere e proprie tavole cinetiche che restano invece molto (troppo?) statiche e per certi versi infantili. Non posso non confrontare le sue tavole con quelle di un altro grande autore suo contemporaneo: Go Nagai. Prendete per esempio Devilman, del 1972: il suo tratto è forse addirittura peggiore, ma ogni disegno trasuda di cattiveria, anima, passione - cosa che con Matsumoto si perde a causa della sua freddezza.
Star Blazers /
Corazzata Spaziale Yamato
Però a Matsumoto va dato merito di aver creato un universo unico, con delle sue regole, e in cui molte sue opere si incrociano con spin off e camei davvero notevoli e per nulla forzati. A Matsumoto dobbiamo le saghe di Galaxy Express 999 e Queen Emeraldas, facenti parte dello stesso universo di Capitan Harlock; lo stesso La Regina dei mille anni, pur essendo ambientato nel 1999, apre un cerchio narrativo che proprio Galaxy Express chiude 800 anni dopo... diverso è il destino della Corazzata Spaziale Yamato (Star Blazers in Italia, nome ereditato dall'adattamento americano), in quanto ambientato qualche centinaio di anni prima dell'universo di Harlock, nel 2199; eppure Matsumoto è riuscito, in ogni caso, a far incontrare Harlock con il Capitano Avatar! Questo incontro epocale avviene della saga dell'Anello dei Nibelunghi, e più precisamente su un pianeta speciale, ai confini dell'universo, nel quale confluiscono e dal quale scaturiscono infinite linee temporali; in questo pianeta non esistono il passato o il futuro, ma un'unica dimensione zero dove coesistono infiniti universi paralleli. Soluzione probabilmente forzata, ma non si può non applaudire di fronte all'inventiva di Matsumoto.
La Regina dei mille anni
Nel tempo, soprattutto negli ultimi quindici anni, il Nostro ha ripreso più volte le sue opere più famose, riscrivendole, rivoltandole, trasformandole in seguiti, prequel e reboot senza soluzione di continuità ma tutte, sempre e comunque, con il suo inconfondibile stile. Si può modernizzare il tratto o la tecnica di animazione, ma l'io più profondo dei suoi personaggi è rimasto nel tempo immutato. Un altro tratto distintivo di questo prolifico autore è quello delle sue eroine: longilinee, filiformi e formose allo stesso tempo, biondissime e dai capelli lunghi, occhi da cerbiatto: scaltre, per nulla passive nel subire gli eventi, ma coraggiose, a volte letali e spietate, sempre e comunque parti attive dell'universo di Matsumoto. Memorabile è ad esempio la Principessa Aurora di Starzinger.
Starzinger
La vera fortuna di questo autore, a mio avviso, è stata la qualità delle trasposizioni animate dei suoi manga, i quali presentano spesso il problema di non avere una conclusione degna delle storie narrate. Prendiamo ad esempio Danguard Ace: il robottone, nel manga originale, compare per la prima volta addirittura solo nelle tavole finali! Le serie animate, a cui hanno collaborato professionisti protagonisti attivi della storia dell'animazione giapponese (Rintaro, Shingo Araki, Yasuhiko Yoshikazu, Kozo Morishita, Noboru Ishiguro) hanno in parte colmato questi buchi narrativi migliorandone le storie e, di fatto, consegnando all'immortalità i suoi personaggi più riusciti.

Danguard Ace. L'unico robot di Matsumoto, quasi
obbligato per contratto dalla TOEI a sfornarne uno.

Parte seconda: Capitan Harlock - Commento sul film [no spoiler]

Harlock e l'Arcadia sullo sfondo.
Ed eccoci quindi a questo Capitan Harlock 2013, in computer graphic, targato TOEI (è la produzione con il più elevato budget mai stanziato nella sua storia: 30 milioni di dollari, circa un terzo comunque delle produzioni americane Pixar / Dreamworks). Il Capitan Harlock in questione è a tutti gli effetti un reboot della serie di Matsumoto ed è una delle rare produzioni in cui l'autore non ha direttamente partecipato ma, fidatevi: regista e sceneggiatori l'hanno reso matsumotiano nel midollo. Nel bene e nel male.
La splendida Yuki Kei
Premessa doverosa, necessaria per chi poi pensa di trovarsi ad una brutta sorpresa: questo film non è centrato su Capitan Harlock (anzi, lui compare a margine e in poche - carismatiche! - scene) quanto sul mito di Harlock. Il Capitano è un simbolo, un ideale (libertà, sempre e comunque!), e questo è a mio avviso il tema centrale di tutta la narrazione. Il protagonista è un ragazzo, Yama, che viene arruolato nell'equipaggio dell'Arcadia, pronto ad unirsi al Capitano per combattere Gaia Sanction, l'Organizzazione mondiale (e anche di più) che governa i terrestri. Il pianeta Terra è off limits da cento anni e il Capitano combatte con tutte le forze la corruzione dilagante di Gaia con l'obiettivo di ridare ai terrestri la loro madre patria. L'intrepido Yama farà la conoscenza di Harlock, della splendida Kei (Yuki), Yattaran e di tutto il resto dell'equipaggio. Tutti però ignorano il segreto di Yama: lui è in realtà un agente al soldo di Gaia, con l'obiettivo di scoprire il segreto dell'Arcadia e della Dark Matter, il misterioso materiale che dà vita all'astronave... inoltre Yama è il fratello di Ezra, il Generale delle forze armate di Gaia... insomma, un bel macello. Non rivelerò altro per non rovinare la peraltro contorta trama del film.
Fuoco e fiamme! All'arrembaggio, aaaahhhrrrrrrrr!!!!
Come Icaro che si è bruciato spingendosi troppo vicino al sole, gli sceneggiatori hanno a mio avviso compiuto lo stesso errore: nel cercare di mettere tanta carne sul fuoco, hanno perso di vista la giusta rotta da dare al film, al punto che nella mia memoria è rimasto ben poco oltre al carisma, quello sì reso bene, di Harlock. Purtroppo la sceneggiatura è risultata troppo arzigogolata; non difficile da seguire, ma piena di scene inutili e fini a se stesse. Tutti gli altri personaggi, protagonista Yama compreso, sono poco soddisfacenti e non entreranno certo nella storia per il loro spessore. Non un grosso dramma se si viene sovrastati da un vero mito; peccato che lo stesso mito sia stato relegato in secondo piano. Intendiamoci: questo tipo di operazione a me non dispiace, a patto però che la storia funzioni. In mezzo a tutto questo, la lentezza della narrazione non aiuta per nulla. Capitan Harlock è fondamentalmente un film lento, noioso, prolisso, ricolmo di spiegoni e con un solo enorme colpo di scena piazzato a metà del film... scelta che, a mio avviso, distrugge il climax finale della storia, che si conclude in modo alquanto sgonfio e prevedibile. Insomma: personaggi poco memorabili, lentezza esasperante, trama inutile e piena di momenti anche assurdi (ne parlo nella terza sezione): si salva qualcosa? Certo! Due cose:
  1. Capitan Harlock (estigrancazzi...)
  2. L'aspetto tecnico
Carisma a pacchi.
Sul primo punto ho praticamente già detto tutto. Harlock è stato reso esattamente come me lo ricordavo io. Carisma a pacchi, voce profonda il giusto, figo in un certo qual modo, elegante e tragico al contempo, tenebroso e rassicurante nei momenti giusti. Un vero eroe romantico come Matsumoto l'ha ideato, ma ancora più dark.
Sul secondo punto va spesa qualche parola, e sono tutte di elogi nei confronti degli animatori. La qualità audiovisiva è davvero ai massimi livelli; il fotorealismo dei fondali, degli ambienti e degli oggetti è sbalorditivo. In apertura di film ero addirittura convinto di assistere ad un opera con vere riprese su cui sono state poi aggiunte le animazioni. Il design dell'Arcadia a me è parso particolarmente azzeccato nonostante le critiche arrivate da La Moglie e amici (secondo loro, con una forma troppo fallica. Eppoi dicono che la malizia è negli occhi di chi guarda...). Per me l'astronave è magnifica, cattiva al punto giusto e con quella dose di possanza che nella serie animata mancava. Il character design dei membri dell'equipaggio è fantastico; Kei è splendida, ma ancora migliore è stata la realizzazione di Yattaran, l'unico, fra l'altro, decente in tutte le espressioni facciali generate. Ecco, se proprio devo muovere una critica alla realizzazione tecnica è questa: siamo ancora lontani dai prodigi ottenuti con Gollum / Andy Serkis nel Signore degli Anelli. Nonostante la cura posta nei particolari, la mimica facciale dei protagonisti è ancora lacunosa e in molti punti non riesce a trasmettere il giusto pathos. Peccato, perché per il resto Harlock non ha nulla da invidiare alle mega-produzioni americane, anzi lo si potrebbe definire quasi un miracolo.
La cura dei particolari è davvero maniacale.
Altri due appunti a margine: ho visto il film rigorosamente in 2D e sono sempre più convinto della bontà di questa scelta e del fatto che il 3D sia solo una truffa. Capitan Harlock è peraltro un film molto dark nei contenuti e nelle immagini: l'uso degli occhiali 3D, che notoriamente abbassano ulteriormente la luminosità delle immagini, ne renderebbe la visione ancora più difficoltosa. Infine, un appunto sull'adattamento e sul doppiaggio italiano: il primo, a cura di Fabrizio Mazzotta, è appena appena discreto; orrendo l'adattamento dei cartelli iniziali, e con alcune scelte successive davvero poco condivisibili (prima su tutte l'utilizzo del termine Dark Matter al posto di Materia Oscura. Trovo lezioso, per non dire inutile, l'irritante vezzo di inserire parole inglesi a cazzo quando esistono termini italiani comunemente accettati.), ma per il resto senza infamia e senza lode. Buono invece il doppiaggio, a cura di Massimiliano Alto: azzeccata la scelta delle voci, Harlock su tutte.
Il commento finale non è però positivo: il film ha in verità ingigantito i difetti storici di Matsumoto, rendendone la visione a tratti indigesta; non tutto è da buttare via, grazie ad una realizzazione tecnica davvero strepitosa che però non basta per strappare una sufficienza al fotofinish. Sono altrettanto certo che qualche amante di Matsumoto rimarrà invece molto soddisfatto.

Parte terza: Capitan Harlock e la sua ridicola sceneggiatura [spoiler!]

La nuova Arcadia ricoperta di Materia Oscura. Per me è fichissima.
Ribadisco il disclaimer iniziale: questa sezione contiene spoiler come se piovessero, ritenetevi quindi avvisati!

Avrete capito, amici lettori, che a me la sceneggiatura non è proprio piaciuta. Per diversi motivi, che analizzeremo insieme.
Ezra. Con aria incazzosa vi sta dicendo:
OCCHIO AGLI SPOILER!
Innanzitutto il personaggio principale, Yama. Provo a ricostruire la sua debole personalità mettendo insieme i flashback e la storia principale. Si parte da una pretestuosa storia d'amore tra lui e Nami, una ragazza di cui è innamorato anche il fratello Ezra. La ragazza probabilmente ama Yama (che bella allitterazione!) e rifiuta Ezra. Ma... attenzione! Yama è un biologo che coltiva vegetali in una serra spaziale con la speranza di poterli farli crescere anche sui pianeti (uno a caso... la Terra?). Di fronte all'ennesimo insuccesso, Yama si incazza come una bestia e senza un perché fa esplodere la serra. O forse è solo un incapace. A causa dell'esplosione la ragazza è ridotta in coma vegetale (ah, il crudele destino!) mentre Ezra diventa paraplegico perdendo l'uso delle gambe. Yama vivrà il resto della sua esistenza con un prevedibile quanto immane senso di colpa. Ezra, capo delle forze armate di Gaia, sfrutterà questo tallone di Achille del fratello per mandarlo come agente segreto nell'Arcadia: "Tu sarai le mie gambe!". Yama sale a bordo e cade vittima del carisma di Harlock: "Ha ragione il pirata spaziale, Gaia è corrotta e deve morire! Libertà! Anche Ezra è in errore e deve essere convertito! Libertà!" Yama va dal fratello per farlo ragionare, e qui avviene il grande colpo di scena: Ezra rivela che la Terra azzurra che tutti vedono è in realtà un ologramma; il nostro amato pianeta è ridotto ad un ammasso di macerie radioattive privo di vita... e a ridurlo così è stato... Capitan Harlock! Cento anni prima, il futuro pirata era un ufficiale di Gaia che difendeva la Terra da non si sa cosa; un giorno Harlock si è reso conto che i rappresentanti di Gaia erano dei porci corrotti e, incazzato come una bestia, dalla troposfera li ha bombardati.
Yuki Kei (e due). Notare il tanga sopra il costume.
Ah, questa ira funesta che acceca tutti quelli che sono spinti da nobili ideali! Il bombardamento di Harlock è stato un tantino esagerato; al posto di distruggere tre misere astronavi, lui annienta l'intera Terra. Harlock muore (non si capisce come) e risorge allo stesso tempo grazie alla Dark Matter che ricoprirà la sua astronave trasformandola nell'Arcadia che tutti conosciamo e rendendo il pirata immortale. Questa rinascita serve ad espiare il suo terribile senso di colpa. In che modo? Piazzando cento bombe in altrettanti punti nevralgici della Galassia per farla collassare totalmente e far ripartire tutto da zero con una nuova rinascita. Ah beh, il ragionamento non fa una grinza! A seguito della rivelazione, Yama si convince che Harlock è un fottuto bastardo e decide di tornare sull'Arcadia per farlo ragionare (o accopparlo). Harlock, che tutto vede e tutto sa, fin dall'inizio del film conosce il segreto di Yama: si aspetta da lui un miracolo, una redenzione. Che avviene. Nell'arrembaggio Yama cambia nuovamente idea, aiuta Harlock a sfuggire da Gaia e ostacola Ezra. Cosa ha fatto cambiare idea a Yama? Ezra, accecato dall'ira a seguito di avvenimenti che è inutile riportare, poco prima aveva staccato la spina che teneva in vita l'amata Nami (ricordate?) e ha la brillante idea di dirlo al fratello. Ezra però non avrà il tempo di vivere per espiare la sua colpa: verrà ucciso (ALLE SPALLE!) da un colpo laser di Capitan Harlock. Yama, che non ha mai davvero odiato suo fratello (vale il viceversa, ovviamente), invece di prendersela con Harlock fa spallucce e lo segue in sala comandi. Qui Harlock si toglie la benda e la offre a Yama, in piedi sul timone. In questa scena avviene il passaggio di consegne dal vecchio Harlock al nuovo Yama-Harlock: l'Arcadia solcherà lo spazio con due Capitani a bordo.
Harlock e Meeme
Vi ho raccontato questa pappardella per puntare il dito contro i tre personaggi principali; Yama è una ridicola banderuola senza personalità che cambia idea ogni volta che un ciarlatano gli parla; come può questo personaggio così insignificante ambire a diventare addirittura il nuovo Harlock? Ezra agisce in modo irrazionale e poco coerente con la sua personalità di calcolatore e pianificatore: per quanto nell'essere umano l'irrazionalità sia una componente imprescindibile, diventa assurdo un cambio di registro della sua coerenza senza un reale motivo scatenante; Harlock, come già detto, è solo un simbolo, un deus-ex-machina che ha scatenato gli eventi cento anni prima in modo abbastanza ridicolo, e cerca di porre riparo al tutto in un finale altrettanto ridicolo.
Sempre parlando di ridicolaggine, la sceneggiatura riserva altri momenti assurdi.
Prendiamo l'attacco di Gaia con l'arma definitiva che dovrebbe annientare l'Arcadia: il Kaleido Star-system fa cilecca clamorosamente (invero, un'arma in grado di distruggere l'universo non riesce a colpire l'Arcadia) e il grande decano di Gaia tira fuori l'asso dalla manica: un'arma finale ancora più definitiva (sembrava di assistere a Dragon Ball) che trasforma Giove in una sorta di Morte Nera. Il primo raggio che viene sparato annienta parte della flotta di Gaia stessa: "Ops! Vabbé, era un tiro di prova... sparate ancora, mirate alla Terra e colpite l'Arcadia quando saranno allineate!" Il secondo colpo passa in mezzo alla Terra e all'Arcadia, mancando sia una che l'altra. Ora. L'astronave di Ezra, poco prima, si è schiantata contro l'Arcadia. Assistiamo ad un furibondo arrembaggio dove i membri di Gaia massacrano parte dell'equipaggio di Harlock. Poi veniamo a scoprire che in realtà lo schianto serviva a togliere l'Arcadia dalla traiettoria di Giove-Morte Nera: ma allora, caro Ezra, a che cazzo è servito l'arrembaggio se volevi salvare il Capitano? Inoltre non si spiega come, spostando l'Arcadia con l'urto, il raggio abbia mancato comunque la Terra: non è possibile pensare che l'urto abbia cambiato anche l'ellisse del pianeta. Qui i casi sono due: o c'è stato un clamoroso errore nell'adattamento italiano, o gli sceneggiatori hanno sbroccato definitivamente.
Yattaran e la sua grande espressività.
Vogliamo poi parlare di quella specie di alieni su cui disquisiscono amabilmente Yama e Kei mentre montano la bomba? Si vedono questi sgorbi che saltellano in pace qua e là. Kei afferma con sicumera: "Questi alieni così misteriosi hanno condotto alla pazzia lo scienziato che ha cercato di studiarlo". Beh, ora che me lo dici, io muoio dalla curiosità di conoscere. Esplosa la bomba... puff, degli alieni non se ne parla più e io rimango senza sapere nulla di loro; l'unico vero spiegone che mi aspettavo dal film, non me lo fanno. Questa è crudeltà. In fondo era prevedibile, ci troviamo di fronte ad una classica scena alla Matsumoto: si mostra un po' di fauna assurda di un pianeta preso a caso, senza un perché, e si va avanti come se niente fosse. Però poi quando inquadrano Meeme, dicono: "Meeme è l'ultimo esemplare dell'unica razza aliena con cui i terrestri hanno avuto un contatto." Eh? EH? E quei mostriciattoli allora cos'erano? Allucinazioni? Exogini in cosplay? O nutrie dei navigli milanesi sottoposte a radiazioni?
Una menzione finale va al fiore che Yama trova sulla Terra. Ovviamente un simbolo di rinascita. D'altronde, insieme all'espiazione delle proprie colpe, il secondo grosso tema del film è proprio quello della rinascita. Peccato che Yama, per far vedere il fiore all'intero universo, lo strappa e lo porta con sé in orbita. Io mi vedo una scena immaginaria di Heidi in cui la bimba, con non poca fatica, recide una Stella Alpina dal fianco di una montagna e il nonno la prende a roncolate sulle gengive perché il fiore è una specie protetta. Insomma, siamo lì. Quando, verso il finale, si vede l'Arcadia atterrare sul pianeta Terra, eccomi a tirare un sospiro di sollievo: c'è una macchia di fiori, quello di Yama non era l'unico! Ma l'ARCADIA ATTERRA CON I MOTORI ACCESI PROPRIO SOPRA QUEI FIORI! Dark Matter + motori a 1000° C, me lo immagino, portano a compimento l'empio atto perpetrato da Yama poco prima: l'inevitabile sterminio degli altri fiori rimasti sulla Terra.
Con questa immagine, che è la vera chiave di lettura nascosta del film (la morte della speranza), chiudo mestamente il campionario di cazzatone inserite nella sceneggiatura. Bestialità che possono essere il frutto di qualche mio fraintendimento (lo spero) o dell'insanità mentale degli scrittori Harutoshi Fukui e Kiyoto Takeuchi: il dibattito è aperto!

P.S.: Stanno arrivando (e spero arriveranno) commenti, da parte dei lettori più attenti, che chiariscono alcuni punti che evidentemente o non mi erano chiari o li ho esposti male; per correttezza non modifico nulla della recensione, ma rimando i chiarimenti alla lettura dei commenti :-)

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 4
Cervellotica, contorta, piena di errori e con personaggi incredibilmente poco coerenti. Una grossa delusione.
Musiche: 7
Musiche epiche come si conviene ad un'opera di questo genere. Ben composte e ben realizzate.
Regia: 7
Va detto che la qualità della realizzazione visiva è decisamente elevata, quasi fotorealistica. Peccato che i personaggi umani non risultino ancora perfetti, anzi sono animati in modo irrealistico soprattutto nelle espressioni facciali, alquanto lacunose.
Ritmo: 5
Lento, compassato, in molti punti addirittura noioso. Matsumoto all'ennesima potenza.
Violenza: 4
Non è un'opera propriamente violenta, almeno a livello grafico.
Humour: 4
Serio, troppo serio. Ridi solo se guardi il film in compagnia delle persone giuste, come è capitato a me. Ma ridi del film, il che non è propriamente un aspetto positivo...
XXX: 5
Fan service tutti dedicati a Yuki Kei. Ci ricorderemo a lungo dell'inutile scena con la doccia a gravità zero.
Voto Globale: 5,5
A molti, va detto, questo film è piaciuto. Per me è invece stata una grossa delusione. Soprattutto a causa di una trama assurda e del tradimento di una delle regole cardine di Matsumoto: sono mancati i personaggi, qui per nulla incisivi e anzi dimenticabili. Peccato.
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