venerdì 18 ottobre 2013

Rush (2013) | Recensione

Rush
Voto Imdb: 8,3
Titolo Originale:Rush
Anno:2013
Genere:Drammatico / Biografico / Sportivo
Nazione:Stati Uniti
Regista:Ron Howard
Cast:Daniel Bruhl, Chris Hemsworth, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino

Rush è la storia di Niki Lauda e Jams Hunt. Musica, prego.

Il mio primo impatto con il mondo della Formula 1 è stato quando udii, da piccino piccino, queste parole:

Chi fu l'eroe per chilometri e chilometri,
a chi però il destino disse no,
ma il cuore è più potente di una macchina,
e la paura non lo fermerà

Grand Prix e il campionissimo
Se non avete riconosciuto il testo di questa canzone, vergognatevi in silenzio e riparate immediatamente ascoltando la sigla del cartone animato "Grand Prix e il campionissimo"[1]. Gran pezzo cantato da Douglas Meakin  e Rino Martinez con il nome Superobots e scritto da Vito Tommaso. Erano i primissimi anni '80, e Grand Prix narrava le vicende di Takaya Todoroki, talentuoso pilota con il grande sogno di diventare campione del mondo di Formula 1. In una delle prime puntate il protagonista ha un incidente e teme che il suo sogno resti solo tale: a salvarlo dall'oblio e ad insegnargli tecniche di guida prodigiose come la famigerata "sbandata controllata" alla quale viene dedicato un episodio intero, arriva il misterioso personaggio bendato e sfigurato Niki Lans. Takaya entrerà nella sua scuderia e guiderà un potente prototipo, la Todoroki Special, auto dalle avveniristiche sei ruote (quattro anteriori e due posteriori) in grado di permettergli di compiere il grande salto. Alt, fermatevi un attimo! Quanti elementi reali avete riconosciuto in queste poche righe di riassunto? Ve li dico io: l'uomo bendato è ovviamente Niki Lauda; la Todoroki Special è la fantastica Tyrrell P34 che gareggiò nel 1976; Takaya stesso, pilota dal talento cristallino e un po' cazzone che per gran parte delle gare non vincerà una fava per colpa di sfighe assortite, può essere paragonato per certi aspetti al James Hunt degli esordi, anche se come carattere è molto diverso. Oltre a Niki Lauda, lo stesso James Hunt deve aver molto colpito gli autori nipponici: nel bellissimo manga F di Noboru Rokuda (arrivato anche in Italia sia nella versione cartacea che in quella animata col titolo Motori in pista), il protagonista Gunma Akagi condivide molti aspetti del pilota britannico. Leggetelo, non ve ne pentirete.
Ecco la Tyrrell P34!
E' innegabile che il mondo della Formula 1 e, più in particolare il Campionato del 1976, colpì potentemente l'immaginario collettivo; gran parte del merito è dovuto, a mio parere, a questi stessi elementi presenti in Grand Prix e in F - Motori in pista: personaggi fuori dall'ordinario accomunati dal romanticismo della figura del pilota che sfida la morte superando i propri limiti, imprese sportive che consegnano i campioni alla Storia e incidenti spaventosi e drammatici a fare da contorno a tutto il resto.

Fantastica ripresa prima di una corsa. 
James Hunt & la Gnocca
Rush è un film costruito attorno alla vita (sportiva e non) proprio di questi due grandissimi piloti: James Hunt (interpretato da Chris Hemsworth) e Niki Lauda (Daniel Brühl), grandi rivali sulla pista, dai caratteri decisamente agli antipodi l'uno dall'altro, in lotta per imporsi come i migliori piloti del circuito. La prima mezzora è il riassunto dei loro esordi e su come iniziano a conoscersi e scontrarsi. Non che fosse difficile: Lauda era noto per essere uno spaccacoglioni di prima categoria; preciso, calcolatore, freddo, antipatico ma terribilmente efficace ed efficiente e, soprattutto, in grado di capire un'auto e modificarla al meglio; James Hunt era proprio l'opposto: estroverso, donnaiolo, scavezzacollo ai limiti dell'incoscienza ma debole di fronte a vizi e tentazioni (ecco l'immancabile mix di alcool - sesso - droga). Dopo che il film ci spiega un po' di chi si sta parlando, si entra nel vivo: perché alla vita e alla personalità dei due uomini, si intrecciano le vicende del Campionato di Formula 1 del 1976. Lauda guida la Ferrari ed è il favorito alla vittoria; Hunt guida la McLaren ed è considerato il grande outsider. Fra sportellate, squalifiche, ricorsi e riammissioni, il campionato procede con una sorpresa dietro l'altra fino a quando non succede un evento che cambierà la sua storia: nel terribile circuito del Nürburgring in Germania, a causa della pista bagnata e della pericolosità intrinseca del tracciato, Lauda perde il controllo della vettura; l'urto è terrificante, l'auto rimbalza sulla pista e viene colpita da altre vetture, causando un incendio nell'abitacolo. Prima di essere miracolosamente estratto, Lauda resta un minuto intrappolato in mezzo a fiamme di 800°. In bilico fra la vita e la morte, viene trasportato in ospedale dove viene salvato per un pelo. Le conseguenze dell'incidente sono note e ben gravi: ustioni su tutto il viso ormai sfigurato e l'impossibilità a correre per quello che i dottori ritengono un bel periodo. Hunt approfitta dell'assenza del rivale, che fino a quel momento era in vantaggio, e recupera tutto il terreno perduto in classifica. Lauda decide, contro il parere del mondo intero (solo la moglie lo sosterrà in silenzio in tutte le sue decisioni), di tornare in pista incazzato più che mai nonostante le pietose condizioni. Ecco che il campionato, corsa dopo corsa, vive un finale degno del miglior thriller con i due piloti che arrivano all'epilogo in Giappone separati da pochissimi punti. Non vi racconto il finale, anche se di fatto vi ho spiattellato tre quarti di film: qui si parla di Storia e di eventi che in molti, anche se solo per sommi capi, già conoscono.
Lauda, Hunt & la Birra
L'obiettivo del film, ad ogni modo, non è fare una cronaca minuziosa di quel Campionato, tanto che dell'esito di alcune corse ne veniamo a conoscenza soltanto grazie a qualche scritta in sovrimpressione o ai dialoghi dei personaggi. In Rush a fare da padrone sono gli uomini, prima ancora che gli eventi. Lo scontro fra Lauda e Hunt è nel suo piccolo titanico. Ci sono due uomini con due palle così, che fumano davvero. E alla fine, è sempre bene non fermarsi alla superficie; Hunt non è solo un cazzone dedito a sbevazzate e ad una vita sentimentale tumultuosa, così come Lauda non è solo un freddo calcolatore. Entrambi hanno slanci inaspettati che li rendono più sfaccettati e con una personalità ben definita e non tagliata con un'accetta; ci sono tante sfumature di grigio, ciascuno di loro ha luci ed ombre che li rende, per così dire, davvero unici e non mono-dimensionali. Va detto che gran parte del merito va condiviso fra la sceneggiatura - a mio avviso scritta davvero bene - e la convincente interpretazione dei due attori. Se da un lato Chris Hemsworth ha dimostrato di non essere solo bicipiti & Thor, dall'altro Daniel Brühl è stupefacentemente perfetto nel ruolo di Niki Lauda. Non parlo solo di una somiglianza fisica; è proprio identico nella postura, nello sguardo, nelle smorfie, fors'anche nella voce con un inconfondibile accento crucco se solo l'avessimo visto in lingua originale (aspetto totalmente cancellato dal doppiaggio italiano). Quando in una delle ultime scene vedi il volto del vero Niki Lauda che, invecchiato, guarda il tramonto, neanche ti rendi conto del cambio di attore, sembra un passaggio quasi naturale. Brühl lo candido all'Oscar 2014, sappiatelo!
Olivia Wilde. Punto.
Se poi vogliamo continuare a parlare del cast, degna di nota è Olivia Wilde nella parte di Suzy Hunt (a parlare per lei ci penserà il Neurone Numero 4 dopo le Pagelle). Ed è impossibile non sottolineare l'interpretazione di Baffo Pierfrancesco Favino nella parte del pilota svizzero Clay Regazzoni (figura importantissima per l'inizio della carriera di Lauda); l'attore all'inizio mi era sembrato Roberto da Crema, ma poi ho realizzato che era impossibile che il piazzatore dei Watch, i tarocchi cinesi della Swatch, potesse essere impiegato in un film di così alto livello... ma non divaghiamo: il cast funziona grandiosamente allo scopo.
Vorrei spendere una parola sul regista. Prima di tutto, mi sono sfracellato i maroni a leggere, qua e là, all'alba del 2013, frasi del tipo: "Il Richie Cunningham di Happy Days ha diretto Questo o Quel film". Sono anni che Ron Howard sta tirando fuori dei Signori Film e da tempo ha impresso il suo nome e il suo marchio nel Gotha dei registi con un loro perché. Come Ron Howard e non come Richie Cunningham, cazzo. Pochi sono i film da lui veramente sbagliati, a mio avviso. Il primo che mi viene in mente è, nonostante i grandi incassi, Il Codice da Vinci. Non che lui l'abbia diretto male. Sono proprio il film e il libro ad essere sbagliati in partenza. Ron Howard con Rush ha invece offerto a mio modo di vedere una delle sue prove più convincenti in assoluto. Il film è solido, senza cedimenti, ben equilibrato in tutte le sue componenti. Riesce, infatti, ad essere apprezzato sia dal patito di auto che da chi non sa nemmeno cosa sia un cambio manuale. Amici amanti del rombo di tuono motoristico, datemi retta: non abbiate paura a portarvi dietro mogli o fidanzate: apprezzeranno anche loro!
Momenti concitati. Bremmm Breeeeeeeemmmmm!
Di pregi il film ne ha anche altri: una grandiosa fotografia, che rende in modo gagliardo la sua ambientazione anni '70; le (poche) corse rese in modo davvero magnifico con telecamere piazzate ovunque: sulle auto, ai cordoli, sui guard-rail, sugli elicotteri e chi più ne ha, più ne metta. L'attenzione ai dettagli è a livelli assolutamente maniacali, ed è quasi una sorpresa per un film di Ron Howard. Lo stesso regista sorprende anche per il taglio realistico, senza lesinare su particolari anche cruenti; ti spiattella la testa mozzata di un pilota coinvolto in un tragico incidente; se Hunt deve trombare, ecco, lui tromba senza tanti complimenti; se Lauda ha i polmoni pieni di liquido, ti fa anche vedere che gli infilano un tubo nella trachea per l'aspirazione e per di più senza anestesia. Se c'è da drammatizzare forse andando anche oltre il realismo, e se c'è da colpire duro, Ron non si tira indietro. Un altro aspetto convincente, lasciatemelo dire, lo si nota guardando il film al cinema: il rombo dei motori ha invaso la sala in modo veramente assordante ed esaltante. Mi sembrava di essere un meccanico alle prese con le sospensioni delle auto nel mezzo dei box! Non essendo un esperto, non vi so dire se poi il rombo fosse davvero quello di una Ferrari, ma non mi stupirei se quelli del team degli effetti speciali si fossero prodigati in tal senso. Infine, un plauso va alla sceneggiatura per un altro buon motivo: non ho usato la parola "bilanciato" a caso. Nel film non c'è assolutamente una predilezione per Lauda piuttosto che per Hunt. Il ritratto di entrambi è davvero equilibrato e neutrale; la cosa è ancora più apprezzabile se si pensa che Lauda stesso ha partecipato in prima persona come consulente al lavoro preliminare di stesura dello script. Complimenti quindi allo sceneggiatore Peter Morgan (fra gli altri: Frost/Nixon - Il duello, The Queen - La Regina, Il Maledetto United).
Nella sostanza, Rush è un film che ha fatto davvero centro. Io mi sono emozionato a vederlo, e per me questo è un fatto imprescindibile. Non importa sapere davvero chi alla fine vince QUEL Campionato del 1976. Quello che importa è il ritratto umano di due Campioni che il destino ha voluto fossero rivali e diversi in tutto ma che, in fondo, si sono rispettati in modo autentico e sincero.
MARLENEEEEEE!
Rush ha comunque qualche difettuccio qua e là, ma in sostanza la sua visione è consigliata anzi caldeggiata fortemente dal sottoscritto. Poco importa se in una scena ambientata a Trento senti parlare in napoletano (gli americani a volte hanno idee un po' confuse sulla geografia), o se sempre nella scena di Trento, in mezzo alle distese di alberi di mele, ti viene l'illuminazione nel renderti conto del nome della futura moglie di Lauda e ti viene da ghignare urlando mentalmente: "MARLEEENEEEE!"; poco importa se il doppiaggio non è brillante o se alla fine fanno vedere meno gare di quanto avresti voluto. Rush va bene così com'è. Promosso a pieni voti.

[1] Toh, vi semplifico la vita: Videosigla di Grand Prix e il campionissimo

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 7,5
Ottimamente bilanciata; si parla di motori, ma anche di uomini e di grandi personalità. Senza essere stucchevole ma anche senza grandi guizzi o colpi di scena, qui in effetti inutili.
Musiche: 7,5
Colonna sonora di Hans Zimmer: un nome una garanzia. Il suo stile inconfondibile si mischia molto bene a grandi canzoni dell'epoca.
Regia: 9
Ron Howard ha, per me, diretto il suo miglior film finora. E' una prova registica davvero eccellente con un sapiente uso di telecamera, fotografia, post produzione e con l'aiuto di un cast molto valido.
Ritmo: 7
Contrariamente a quanto si pensi, non è un film dal ritmo folle.
Violenza: 6
Non c'è violenza in senso stretto. Ma il regista non si risparmia in scene splatter se il caso e la sceneggiatura le prevedono.
Humour: 6
Si sorride alle schermaglie fra Niki e James, e fra i piloti e i giornalisti. Stop.
XXX: 5
Incredibilmente per un film di Ron, si vede qualcosa! Oh! E Olivia Wilde ha sempre un suo fascino.
Voto Globale: 8
Ne ho già parlato fin troppo bene nella recensione. Rush è un film promosso per tanti motivi. Se a distanza di giorni sono ancora lì che mi rileggo un po' di Storia della Formula 1, è anche merito suo.

Neurone Numero 4 in azione! Start your engine, ecco a voi Olvia Wilde! Click per ingrandire le immagini.







lunedì 7 ottobre 2013

Scott Pilgrim vs. the World (2010) | Recensione

Scott Pilgrim vs. the World
Voto Imdb: 7,5
Titolo Originale:Scott Pilgrim vs. the World
Anno:2010
Genere:Commedia / Azione / Fantastico
Nazione:Stati Uniti
Regista:Edgar Wright
Cast:Michael Cera, Mary Elizabeth Winstead, Kieran Culkin, Alison Pill, Chris Evans, Anna Kendrik, Ellen Wong

Il dinamico (seee) duo protagonista.

Sono molto incazzato. Ma proprio tanto. Ancora non so se con me stesso o se con il film Scott Pilgrim vs. the World. Per spiegarvi il mio punto di vista, proviamo a fare un po' la spunta di quello che potrebbe piacermi in un film leggero leggero e vediamo se Scott Pilgrim rispetta i parametri:
  • Film dal tono scanzonato e folle? Taaac!
  • Film con scene action e fumettose da farlo sembrare un Naruto o un Dragon Ball live-action? Taaac!
  • Film con del sano rock e, più in generale, con una colonna sonora da urlo? Taaac!
  • Film che cita a piene mani il mondo pop degli 8-bit Anni Ottanta, trasformando tutto in un coloratissimo videogame? Taaac!
  • Film innovativo dal punto di vista della struttura visiva e del montaggio? Taaac!
  • Film diretto da un regista geniale? Taaac!
  • Film che in poco tempo ha assunto le connotazioni di cult cinematografico? Taaac!
Ma... ma... tutto ciò è fantastico! Ci sono tutti quegli ingredienti che mandano in sollucchero il mio scarso gusto cinematografico, quello pop e leggero, quello allegro e disincantato, quello che non richiede l'impegno di tutti i miei 5 neuroni contemporaneamente. Allora perché sono incazzato?

Perché Scott Pilgrim mi ha un pochino fatto cagare. E lo dico proprio con queste parole, che so benissimo essere invise a chi parla forbito e mi chiede di non esprimermi con un gergo triviale da bambino dell'asilo che scimmiotta le parolacce dei grandi. Ci sto pensando da giorni, a questo Scott Pilgrim, e da giorni mi sto chiedendo il perché di questa conclusione per certi versi inaspettata. Direte che sbaglio, ma uno dei miei metri di giudizio è l'espressione del viso che ho durante i titoli di coda di un film. Qui avevo una smorfia del tipo: "EH?" e la boccuccia socchiusa a forma di piccola "o". Il problema è che questa stessa espressione stava perdurando praticamente fin dall'inizio.
Il cast dei "Buoni"
Il film parte con una veloce presentazione del protagonista: Scott Pilgrim (Michael Cera) è uno sfigato ventiduenne tremendamente immaturo e smidollato, mai del tutto ripresosi dal benservito arrivatogli dalla ex-fidanzata; membro bassista di un'altrettanto sfigatissima band grunge dal nome Sex Bob-omb, è attualmente impegnato con Knives Chau (Ellen Wong), una liceale diciassettenne asiatica perché di meglio non riesce a rimorchiare e perché in fondo così è più facile esercitare il fascino del grande sui piccoli. Scott vive in appartamento con Wallace (Kieran Culkin), gay dichiarato, ingombrante, impiccione, simpatico e arrogantello: un fortissimo personaggio che fa scappare ben più di una ghignata; ha una sorella (Anna Kendrick) che è l'unico essere veramente senziente in tutta questa sarabanda di pazzi furiosi. Dulcis in fundo, da tempo Scott sogna costantemente una ragazza dai capelli colorati, Ramona Victoria Flowers (Mary Elizabeth Winstead), di cui si innamora follemente il giorno in cui la incontra davvero. Peccato che per poter fidanzarsi con lei, Scott debba riuscire a mollare la povera Knives (cosa che gli riuscirà terribilmente difficile a causa del suo essere smidollato) e, soprattutto, affrontare e sconfiggere i terribili Sette Malvagi Ex di Ramona. Da questo momento il film si trasforma in un'accozzaglia di sequenze dove Scott affronterà, proprio come se fosse in un videogame, gli ex di Flowers tramite scontri folli e totalmente fuori di testa: battaglie fra band musicali che citano a piene mani Guitar Hero e Rock Band, scontri di arti marziali degni dei migliori picchiaduro e prove di abilità da far impallidire Shaun White e Tony Hawk. Riuscirà Scott Pilgrim nell'impresa titanica di conquistare Ramona? Boh, guardatevelo, non sarò certo io a rovinarvi la non-storia del film.

Sarà colpa mia, sappiatelo, ma perfino nel raccontarvi la sinossi vi sarò sembrato scazzato all'inverosimile, e di questo me ne rendo perfettamente conto. Farò uno sforzo sovrumano e cercherò di essere il più oggettivo possibile nell'elencare quelli che sono i punti di forza del film.

1) Innanzitutto il regista. Dobbiamo all'inglese Edgar Wright quella che si potrebbe definire la Trilogia del Cornetto (Three flavours Cornetto Trilogy) che, detta così, non vi dirà un cazzo, ma basta citare i titoli dei film di cui è composta per farvi accendere la lampadina nel cervelletto: Shaun of the Dead (2004), da noi conosciuto con il raccapricciante titolo L'Alba dei morti dementi, una geniale commedia horror sul tema degli zombie; Hot Fuzz (2007) che la pagina italiana su Wikipedia riporta come film di genere: poliziesco, giallo, azione, thriller, commedia, horror, splatter (e basta questo per farvi capire la follia intrinseca della pellicola) e La fine del Mondo (2013), una commedia fantascientifica di cui ancora non so nulla (rimedierò quanto prima). Se vi chiedete: "Perché il Cornetto?", vi rispondo: fate prima a leggere la pagina di Wikipedia e bon, finita lì. Insomma, avrete capito che questa era un'ottima premessa per sperare in un bel film. Wright, qui all'esordio a Hollywood, con la cinepresa è bravo. Si vede che ha mangiato pane e cinema fin da quando era in fasce e, dal punto di vista tecnico e visivo non gli si può proprio dire nulla.

2) L'aspetto visivo. Per questo aspetto, il film merita un dieci e lode. Si vede che dietro c'è un lavoro immane, necessario per ottenere una resa visiva come quella del mondo di Scott Pilgrim. Partiamo da un antefatto: il film è tratto dall'omonimo fumetto di Brian Lee O'Malley diventato cult prima ancora della release cinematografica (non farò il saputello: ne ignoravo l'esistenza fino a poco tempo fa), già il materiale di partenza garantiva una follia ed esuberanza non comune. Non lo definirei graficamente fantastico (secondo il mio canone estetico) a causa del tratto quasi grezzo e semplice, ma si notano chiaramente elementi di rottura rispetto sia ai classici comics americani che ai manga giapponesi. Trasformare in film un'opera del genere non è mai facile, ma qui regista e team di effetti speciali hanno davvero superato se stessi. In Scott Pilgrim c'è abbondanza di effetti speciali volti a enfatizzare l'aspetto cartoonesco dei protagonisti. Non parlo solo degli scontri (copiosi), ma anche di sequenze apparentemente innocue infarcite di elementi grafici su schermo che ottengono un duplice scopo: ricordarci la matrice di partenza e rimarcare quanto sia folle, colorato ed irrealistico l'universo di Scott. Non faccio fatica ad ammettere che il film è a tutti gli effetti una gioia pop per gli occhi!

3) Il gioco delle citazioni nerd. Scott Pilgrim vive di questa fondamentale equazione:

Anni '80 + Nerd = 8 Bit.

Ve la spiego in due righe. La somma iniziale indica innanzitutto il target a cui ci si rivolge: i nostalgici degli anni '80 come possono essere quelli della mia generazione nati a cavallo fra le decadi '70/'80; se poi negli anni '80 eri nerd o geek [1], dovevi per forza di cose essere appassionato dei primi videogame. La rivoluzione degli 8-bit (il risultato di questa equazione) esplose con il Commodore 64 e poco dopo con il NES (Nintendo Entertainment System), la console che portò Super Mario nelle case di milioni di giocatori. Tutta la vita dei protagonisti di Scott Pilgrim è vista come se ci trovassimo, noi e loro, in un videogame. Gli eventi sono accompagnati dai suoni tipici di un sistema 8-bit (basti pensare al fantastico cartello di apertura della Universal la cui animazione è stata resa come se la vedessimo con il Nintendo), il protagonista affronta le varie avventure con obiettivi e scontri proprio come in un picchiaduro, con le prove finali più difficili perché è quello che richiede un boss di fine livello che si rispetti. Gli scontri stessi, pacchiani e assurdi, alla fine non lasciano strascichi: non muore veramente nessuno, nonostante la violenza suggerita dagli effetti speciali. In fondo la commedia slapstick parte da molto lontano, almeno dagli anni '20 di Buster Keaton. E come in un gioco di ruolo, anche il protagonista cambierà le proprie caratteristiche e, sì, diventerà anche una persona migliore. Ecco quindi una sarabanda di citazioni che manderanno in estasi gli appassionati: maglietta di Astroboy orgogliosamente esibita, omaggi a profusione su Zelda, Ms. Pac-Man, Super Mario Bros, Tetris, Sonic, X-Men, Street Fighter II, Tekken, Rock Band e tanti altri titoli che non ricordo, per non parlare di quelli - tantissimi - che nemmeno ho lontanamente colto. Potrei azzardare una frase roboante del tipo: "Quasi ogni inquadratura o dialogo contiene un riferimento o un omaggio a quella cultura pop di cui noi siamo i principali destinatari" senza paura di essere veramente smentito.

Ok, veniamo al dunque. Parafrasando un qualunque Final Fantasy, potreste dirmi: "Ma che Peana Trionfale! Dimmi, Giampy, dimmi perché non ti è piaciuto codesto tripudio di elementi a te tanto cari!"

La risposta non è facile, lo ammetto. Ancora adesso, ad esempio, ho davanti agli occhi alcune scene davvero assurde ma allo stesso tempo ben riuscite; eppure non riesco a togliermi di dosso quella strisciante sensazione di aver buttato nel cesso un'ora e mezza della mia vita. Sì, perché in definitiva quello che con me non ha funzionato, è il risultato finale. Non sempre mescolare nello stesso calderone un'infinità di elementi positivi garantisce un'amalgama accettabile. A causa di questa sensazione, Scott Pilgrim non mi è nemmeno sembrato un film. Mi è sembrato più un coacervo di sequenze splendide legate dal sottile filo della follia ma che, in definitiva, sono senza capo né coda. Più volte, incredulo di fronte alle assurdità che il video mi propinava, mi domandavo: "Ma che senso ha? Dove vuole andare a parare il film?". Non dico di non aver capito il film, piuttosto è vero il fatto che io non l'abbia compreso appieno e questa cosa, lo ammetto, mi ha lasciato esterrefatto. Ecco cos'è per me Scott Pilgrim: un'opera fine a se stessa senza un grosso perché, con l'aggravante che i due protagonisti mi sono risultati fin da subito detestabili. Eh, sì: non ho minimamente compartecipato emotivamente né con Scott, decisamente odioso e tanto antieroe da non aver tifato per lui neanche mezzo secondo, né con Ramona, che non mi ha detto proprio nulla: amorfa, senza personalità, piatta e scialba. Una emo sgargiante, se mi passate questo ossimoro. Decisamente meglio la povera asiatica Knives Chao, lei sì che rulla e spacca!

Mi rendo conto di essere in minoranza in senso assoluto e addirittura una mosca bianca fra i miei amici appassionati che invece hanno adorato questo film. Potrei al limite dargli un'altra chance sperando che una seconda visione me lo facciano rivalutare sapendo già a cosa andrò incontro. Purtroppo il tempo e soprattutto la voglia di farlo non li ho. Bocciato, nonostante la resa tecnica strepitosa e nonostante le premesse facessero sperare in ben altro risultato. Ora picchiatemi pure...

[1] C'è differenza fra nerd e geek, io non li considero sinonimi. Basta farvi un esempio per spiegare la differenza: il fan di Star Trek è nerd e quello di Star Wars è geek. Ergo, io mi considero un geek... facile liquidare questa spinosa differenza con una battuta, vero? Esatto, io svicolo e scompaio nella penombra...

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 5
Senza capo né coda. Un po' come le non-trame dei picchiaduri tanto omaggiati in questa sede.
Musiche:
8
La colonna sonora è semplicemente strepitosa: si tratta di una perfettamente riuscita commistione di rock e elettronica simil-8-bit.
Regia: 8
Dal punto di vista tecnico, il film è ineccepibile. Si può discutere sul risultato finale del film in quanto tale, ma per questo giudizio c'è il Voto Globale. Qui non posso fare a meno di sottolineare quanto il film sia una gioia per gli occhi.
Ritmo: 8
Sicuramente indiavolato, brioso, allegro senza grossi momenti di stanca. A lungo andare mi è sembrato ripetitivo, ma l'abbondanza di situazioni assurde ha ovviato al problema.
Violenza: 4
Non c'è vera violenza perché le gag sono sul tono slapstick da commedia anche nei momenti più concitati in cui si citato mostri sacri come Street Fighter e Tekken (per non parlare delle fatality di Mortal Kombat)
Humour: 6
Non mi ha strappato grasse risate, ma il tono generale è leggero, umoristico e piacevole.
XXX: 0
F-Zero. (apprezzate questa citazione)
Voto Globale: 5
Già detto tutto in sede di recensione: ogni singolo elemento del film, preso per se stesso, è fantastico; il risultato finale è stato per me però insufficiente: un pasticcio senza senso che mi ha lasciato con un inaspettato senso di delusione.
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