martedì 27 novembre 2012

Venus Wars (1989) | Recensione

Venus Wars
Voto Imdb: 6,9
Titolo Originale:Venus Senki - ヴイナス戦記
Anno:1989
Genere:Fantascienza / Animazione
Nazione:Giappone
Regista:Yoshikazu Yasuhiko
Cast:-

Hiro e la sua Monomoto
Agosto, 2002 DC. Al principio fu notato dall'osservatorio Sokolov in
Nord America. Percorreva i remoti confini del sistema solare... a
65000 unità astronomiche dalla Terra. E penetrò nel regno dei pianeti
interni per la prima volta in 3.000 anni. Un gigante di ghiaccio...
L'asteroide Apollon.
12 Maggio 2003. Avvicinandosi lungo il piano dell'eclittica, la pachidermica
palla di ghiaccio cozzò contro Venere. L'enorme collisione alterò
per sempre la faccia di quel pianeta. Lo spesso strato atmosferico fu fatto
a brandelli, per lo più proiettati nello spazio. Parte delle centinaia di miliardi
di tonnellate di frammenti di ghiaccio formarono mari di acido che colmarono
le vallate. La pigra rotazione del pianeta subì un'accelerazione, fino a circa 112
giorni, donando a Venere un singolo ciclo notte/giorno all'anno.
E così in un istante Venere fu trasformato in un pianeta abitabile, una sorella
della Terra. Ora sembrava solo che aspettasse il tocco finale delle mani
dell'uomo per trasformarsi in una nuova Terra. E, al solito, l'umanità fu
all'altezza della situazione.
La prima astronave con equipaggio umano atterrò su Venere nel 2007.
Il primo gruppo di immigrati si stabilì sul continente nord di Ishtar nel 2012.
Il primo anno del Calendario Venusiano.
E nel 72simo anno venusiano - anno terrestre 2083...ha inizio la nostra storia...
[dall'introduzione del primo volume di Venus Wars, edizione Granata Press.]

Orco giuda! Siamo nel PRIMO ANNO DEL CALENDARIO VENUSIANO! Quale migliore occasione per recensire Venus Wars?

Avvertenza!
Con questa (lunga) recensione vi parlo col cuore in mano di uno dei miei lungometraggi d'animazione preferiti. Il tono di esaltazione di cui questa recensione è intrisa farà sì che il voto finale sia più alto di quello che la qualità intrinseca nonché oggettiva lasciano supporre, soprattutto a livello di trama. Pertanto ritenetevi avvisati: questo è per me un film da 9 - NOVE - Enne O Vi E per tanti motivi, anche nostalgici, e anche se sicuramente ha molti difetti sottolineatimi da diversi amici detrattori (ai quali dico: avete pure ragione ma fottesega, anzi, leggete tutto perché a fine recensione c'è una dedica per voi), ve lo dico apertamente: a me piace così com'è e vi spiego il perché.

Iniziamo!
Gundam (YAS)
Da sempre in Giappone la fantascienza è stata terreno fertile per il cinema d'animazione. Tralasciando il sottogenere robotico, se dovessi parlare di fantascienza classica i primi titoli che mi vengono mente sono quelli legati alle opere di Leiji Matsumoto, che negli anni '70 ha creato un vero e proprio universo da space opera in cui si muovono i suoi indimenticabili personaggi (Capitan Harlock, Masai e Maisha di Galaxy Express 999, il Capitano Avatar di Starblazers e così via. Sì, uso i nomi occidentali con cui imparai a conoscerli da bambino). Spostandoci negli anni '80 e saltando a piè pari il fenomeno Gundam che ha aperto nuove vie sul modo di intendere fantascienza, guerra e robot, non posso non citare quelli che per me sono i quattro mostri sacri dei film cinematografici d'animazione di quella decade: Macross (1984), Le Ali di Honneamise (1987), Akira (1988) e Venus Wars (1989). Un comune denominatore è la qualità dell'animazione assolutamente mostruosa rispetto ai canoni dell'epoca, Disney inclusa. Il loro impatto visivo, la loro potenza e la loro qualità oggettivamente superiore ha fatto sì che almeno Macross e Akira entrassero prepotentemente da subito nell'immaginario fantascientifico collettivo. Anzi, Akira ha sicuramente travalicato il genere di nicchia, al punto da essere (ri)conosciuto anche da chi non mangia quotidianamente pane e anime, un po' come è successo con Ghost in the Shell nella decade successiva.
Dei quattro, il meno conosciuto è Venus Wars che a mio avviso merita una considerazione maggiore rispetto a quello che il destino gli ha riservato. Venus Wars è innanzitutto un CLASSICO. Può piacere o non piacere, ma è un film che un appassionato di fantascienza e di animazione giapponese dovrebbe vedere a prescindere.

Gundam (YAS)
L'autore Yoshikazu Yasuhiko!
Prima non ho citato Gundam a caso. Uno dei padri di questo capolavoro robotico è Yoshikazu Yasuhiko (da ora in poi, YAS), che del Gundam classico curò il character design (potremmo definirlo in modo rozzo lo studio grafico dei personaggi) e che oggi è nuovamente alla ribalta per aver riscritto, disegnato e pubblicato il manga DEFINITIVO sulla saga originaria, ovvero Gundam Origini. YAS è a tutti gli effetti considerato uno dei pilastri dell'animazione giapponese. Il suo morbido tratto caratteristico, pulito ma particolareggiato allo stesso tempo, è assolutamente riconoscibile e allo stesso modo apprezzato. Le sue splendide illustrazioni sono pari a quelle di mostri sacri come Haruhiko Mikimoto (illustratore di Macross) e Akemi Takada (character designer di Lamù, Creamy e Kimagure Orange Road,  giusto per citarne i più famosi). YAS esordisce nei primi anni '70 presso la casa di produzione del Maestro Osamu Tezuka, successivamente cura gli storyboard per la prima serie di Starblazers, il character di Raideen e Kum Kum per poi passare alla Sunrise con la quale collabora alla realizzazione degli anime robotici Combattler V, Zambot 3 e Gundam. Negli anni '80 lega il suo nome a tre lungometraggi molto particolari: Crusher Joe (1983, fantascienza classica), Arion (1986, mitologico/fantasy) e, appunto, Venus Wars. Recentemente ha pubblicato alcune biografie in versione manga, fra queste ricordiamo Alessandro Magno e Gesù.

Crusher Joe, Combattler V, Zambot 3 (illustrazioni di YAS)

I personaggi in super deformed
Venus Wars - Il manga!
Venus Wars è innanzitutto un manga in quattro volumetti. Pubblicato in Giappone dal 1986 al 1990 e in Italia nei primi anni '90 dalla defunta Granata Press, è stato fortunatamente riedito dalla Magic Press nel 2009 in una edizione finalmente degna di questo nome. Diciamolo subito a scanso di equivoci: il manga è decisamente superiore al film, e vi consiglio di leggerlo indipendentemente dal fatto che il film vi sia piaciuto o meno (più avanti troverete un breve approfondimento sulle principali differenze fra manga e film). YAS, che del manga è stato ovviamente l'autore, è diventato produttore, sceneggiatore e regista della sua versione animata.

Hiro con la divisa Killer Commandos
Venus Wars - Il film!
Di cosa parla Venus Wars? Partiamo dal background di fondo, che è comune al manga e al film: agli inizi degli anni 2000 un asteroide di ghiaccio colpisce il pianeta Venere, cambiandone l'orbita e rendendolo abitabile. La storia inizia decine di anni dopo il processo di terraforming, e gli umani sono divisi in diverse fazioni: abbiamo i terrestri (neutri) e i venusiani di ultima generazione, a loro volta divisi in due stati: Aphrodia e Ishtar. I rapporti fra le due fazioni venusiane iniziano a degenerare sempre più per mere questioni economiche: Ishtar, più potente dal punto di vista militare, ha messo gli occhi sui ricchi giacimenti di Aphrodia e ne progetta l'invasione. Che avviene con tutti i crismi.
Miranda, Race Queen
dei Killer Commandos
Da questo momento, manga e film si discostano notevolmente. In questa sede seguiamo le vicende così come le vediamo a video. Il protagonista è Hiro, un motociclista scavezzacollo di Aphrodia, asso dello scalcinato team Killer Commandos, specializzato in una specie di rolling game brutale disputato a bordo di una caratteristica monomoto (moto ad una ruota sola). Proprio durante una gara in cui per la prima volta i Killer Commandos possono ambire ad una vittoria, inizia l'invasione di Ishtar: un fottutamente enorme aeroplano da guerra si schianta nei pressi dello stadio, e dei possenti Tanko ishtariani (mastodontici carri armati) occupano in pochissimo tempo la capitale Io. Nel giro di un solo giorno le condizioni di Aphrodia precipitano, condizioni che portano il governo alla resa totale. In parallelo iniziamo a seguire anche le vicende di Susan Sommers, una giornalista terrestre che, a caccia di scoop, si trova catapultata tra le prime linee del conflitto e vivrà una passionale storia d'amore. Hiro e il suo team, a loro volta, si trovano costretti ad entrare in battaglia al punto che il ragazzo stesso sarà arruolato tra le fila aphrodiane, che vorrebbero fronteggiare i temibili Tanko con delle... monomoto corazzate, potenzialmente in grado di avere la meglio sui Tanko grazie alla loro agilità. Che sorti ha riservato il destino per i nostri eroi? Boh. Guardatevelo e scopritelo da soli, ecco.

Susan Sommers
La storia del film è un gran bel miscuglio di guerra, fantascienza, morte, amore, politica. Elencati in ordine di importanza e minutaggio. L'introspezione è decisamente spicciola, al regista interessa di più farci vedere le azioni e le reazioni di questi ragazzi che si trovano catapultati in un Evento più grande di loro piuttosto che un'analisi introspettiva che ci faccia capire i loro pensieri e le loro emozioni. Questa superficialità di fondo è chiaramente l'aspetto più limitato e quindi negativo del film, unito ad un finale affrettato che non rende giustizia alle premesse. Per non parlare di alcuni personaggi, davvero inutili ed irritanti (per non dire deboli), prima su tutte la citata Susan Sommers che avrei voluto prendere a mitragliate già prima di metà film. Pazienza.

Venus Wars ha però ben altre frecce nel suo arco. E' innanzitutto un film mastodontico. Dura quasi due ore. E' un film granitico, maestoso, spettacolare. Merito innanzitutto dei disegni, splendidi come tratto e come tinte. E merito di una qualità dell'animazione a tutto campo davvero fantastica per quegli anni. Ogni scena, anzi ogni sequenza è talmente ricca di particolari che mi domando quanto tempo e quanti sforzi siano stati necessari per animarli tutti. Basti guardare la cura che è stata riposta nei riflessi di luce per rendersi conto del lavoro che c'è stato dietro. Un paio di sequenze, forse troppo azzardate per la produzione, rovinano però la coerenza visiva di fondo; il regista in un paio di punti ha unito riprese dal vivo (scene desertiche soprattutto) a sequenze animate, nelle quali ha inserito le monomoto in movimento. Il risultato finale stride troppo rispetto alla qualità generale dell'opera, al punto che avrei preferito ne avessero fatto a meno. Dato che per fortuna durano poco, non inficiano più di tanto la visione.
Ma Venus Wars ha anche un altro grandissimo aspetto positivo che ha contribuito a renderlo così maestoso: la colonna sonora curata dall'immenso Joe Hisaishi, famoso ai più per aver legato il suo nome alle produzioni di Hayao Miyazaki per lo Studio Ghibli e ai film di Takeshi "Beat" Kitano. In Venus Wars ha costruito un misto di rock '80 / j-pop / musica con orchestra che sottolineano in modo trascinante i vari momenti, ora drammatici, ora d'azione, ora maestosi. La canzone "Shakunetsu no circuit" / "Crash and Burn" entra di diritto nella mia Super Mega Gold Compilation Definitiva, quella che ascolto in macchina quando voglio gasarmi come un ossesso. Sarò fatto strano.



Alcuni splendidi fondali: questo è Venus Wars


Hiro in divisa da battaglia
Manga e Film - Le differenze!
Come anticipato, ho subito sottolineato la superiorità del manga rispetto al film. Per tanti aspetti. Partiamo dalla storia: è decisamente più articolata e più ricca di quelle sfumature che nella trasposizione animata si sono perse. In secondo luogo i personaggi sono più delineati e hanno uno spessore maggiore. Soprattutto, sono personaggi memorabili. Non posso non ricordare con affetto Miranda, l'irascibile, sboccata, impavida Race Queen dei Killer Commandos; o il Tenente Kurtz, odiosetto, perfettino ma dannatamente bravo sulle moto e dotato di carisma non comune; oppure ancora l'ingenua, piagnucolosa, irritante Maggie, la fidanzatina di Hiro... ognuno ha il suo ruolo definito e agisce in modo credibile. I drammi interiori e il cambiamento - inteso come crescita - sono vissuti in modo più marcato, e YAS è stato bravissimo a trovare il giusto bilanciamento tra la componente bellica e quella psicologica. Per non parlare del fatto che il film copre solo i primi due volumetti: la storia, in realtà, prosegue spostando l'attenzione da Aphrodia a Ishtar, trasformando la seconda parte di Venus Wars in un dramma politico con venature di spy-story. E con un finale, tra l'altro, davvero sorprendente. Cosa che purtroppo non succede nel film, il cui finale non è solo è affrettato e quasi raffazzonato, ma ribalta in senso diametralmente opposto quello del manga, che ne viene totalmente stravolto nel merito. Ma sticazzi, meglio così: chi legge il manga e vede il film non trova due copie della stessa storia, ma vive due mondi paralleli ed alternativi.


Conclusioni!
Dopo aver letto tutti questi peana trionfali, potreste criticarmi dicendomi che sto esaltando la qualità del contenitore a dispetto di quella del contenuto. Che sto parlando di superiorità dell'estetica sulla riflessione. Probabilmente avete ragione nel renderla una critica, se per voi è più importante il messaggio rispetto a ciò che viene usato per veicolarlo. Io sono più per un equilibrio delle parti e rivendico con forza l'idea che spesso basta anche una bella sequenza, una bella immagine, una bella musica a causarmi un brivido, un accenno di trepidazione. Venus Wars è un insieme di tutte queste cose; a me emozionò nel lontano 1991 quando lo vidi su VHS, ed emoziona ancora a vent'anni di distanza, pur guardandolo non più con l'occhio dell'adolescente, ma con quello... dell'adolescente cresciuto. Riesco a riconoscerne i difetti più gravi, ma li  ignoro - li rimuovo -, perché per me quello che conta davvero è proprio il pathos. O il ricordo di quei brividi. Hiro è un diciassettenne che lotta per sopravvivere in un conflitto armato. E io, diciassettenne, seguivo con passione le sue vicende. Oggi mi è rimasto l'imprinting del diciassettenne di allora che si emozionò. E' l'effetto nostalgia. In questo caso, questo effetto influisce sul giudizio di un'opera, e per forza di cose fa di questa recensione una recensione imperfetta. Non pretendo di avere chissà quale credibilità come recensione: semplicemente, scrivo e parlo di quello che per me ha provocato emozione nel tempo e continua a farlo tuttora.

Voi che non apprezzate Venus Wars, in amicizia e con affetto, con veemenza puppatemi la fava. :-)


Note finali sulla versione italiana!
A titolo di cronaca, vi ricordo che Venus Wars è distribuito in Italia da Yamato Video in formato Blu Ray. La versione DVD non era il massimo, ma a quanto pare la trasposizione su Blu Ray è stata fatta da una fonte qualitativamente migliore. Peccato però per l'adattamento (davvero povero) e per il doppiaggio (incontrovertibilmente osceno). Suggerisco vivamente la visione in originale con i sottotitoli che, fra l'altro, chiariscono meglio alcune scene che in italiano sono assolutamente incomprensibili perché tradotte a cazzo di cane. Ahug.

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 6,5
Un potpourri di cliché bellici: amore, guerra, morte e tanta azione. Peccato per i personaggi, delineati in modo superficiale e sicuramente perfettibile.
Musiche: 9
Joe Hisaishi ha fornito una delle sue prove più difficili. Solo lui poteva fare un miscuglio di orchestra, rock e j-pop anni'80 in modo così credibile, trascinante ed emozionante.

Regia: 8,5
Non ci sono cazzi, la qualità dell'intera opera, dal punto di vista visivo e registico, è superlativa. Ha delle cadute di stile, purtroppo, ma la media è assurdamente alta.
Ritmo: 8
Se non avesse ritmo proprio questo fulgido esempio di space opera, sarebbe un fallimento su tutta la linea. Così non è.
Violenza: 5
C'è sangue, qualche personaggio schiatta, ma non c'è splatter e non c'è il soffermarsi morboso sul dolore.
Humour: 6
C'è qualche (dimenticabile) gag affidata a personaggi secondari.
XXX: 3
Qualche scena di fan service, ma niente di memorabile.
Voto Globale: 9
E' un nove dato più dal cuore che dalla mente. E' un nove alla nostalgia e all'emozione. E' un nove all'atmosfera e all'estetica... questo è Venus Wars. Un classico che andrebbe riscoperto e visionato da ora all'eternità.

giovedì 22 novembre 2012

Pandorum - L'universo parallelo (2009) | Recensione

Pandorum - L'universo parallelo
Voto Imdb: 6,8

Titolo Originale:Pandorum
Anno:2009
Genere:Fantascienza / Horror
Nazione:Stati Uniti / Germania
Regista:Christian Alvart
Cast:Dennis Quaid, Ben Foster, Antje Traue, Cung Le

Diciamolo, questa immagine fa scena come apertura di articolo.

Giusto per darvi un'idea.
Esistono alcuni retroscena che voi lettori non potete conoscere. Verità scomode e nascoste che tutti tacciono. Oggi, in via eccezionale e solo perché vi voglio bene, ve ne svelo una. Guardando Pandorum - L'universo parallelo, tu (tu generico) sottoscrivi un contratto. Anche se non lo sai, anche se non te ne accorgi. Poi ti viene voglia di parlare, di questo film, e come per magia ecco che i termini del contratto sbucano fuori dal nulla. Per poter recensire Pandorum, tu (tu recensore) devi fare due cose:
1) La Battuta
2) Vaccaboia, il déjà vu!

1) La Battuta
Pandorum? E che è? L'astronave della Bauli in periodo natalizio? [1]

2) Vaccaboia, il déjà vu!
E' un dato di fatto. Guardando Baulium [2] è impossibile non essere assaliti da quella sensazione che ti fa borbottare: "Uhm, questa scena mi ricorda qualcosa... ma certo!"
E man mano vengono in mente alcuni capisaldi della corrente fanta-horror recente e meno recente. Al primo posto cito "Punto di non ritorno" (Event Horizon), un gioiellino di Paul WS Anderson il quale, oh che coincidenza!, è qui produttore esecutivo. Il secondo titolo è "Dead Space": non un film ma un videogioco, guarda caso costellato di scene buie e claustrofobiche mentre orridi esseri sbucano dal nulla. Al terzo posto cito doverosamente "Alien" (sul quale non spreco altre parole) ed infine estraggo dal cilindro delle citazioni "The Descent", capolavoro horror di Neil Marshall che forse non tutti conoscono, ma che è senza ombra di dubbio meritorio di attenzione nonché un film fottutamente claustrofobico. Potrei aggiungere anche "Pitch Black" giusto perché entra nel calderone dell'horror fantascientifico (o della fantascienza orrorifica, fate voi), ma in realtà le somiglianze sono minori. Da ciascuno di questi titoli, Melegattium [3] prende a piene mani diversi elementi, li rimescola fra loro e dà origine ad un risultato finale sicuramente di tutto rispetto, pur non facendo dell'originalità il suo punto di forza.

Ecco, ora che ho rispettato il contratto, posso continuare a recensire scevro da altri obblighi.

Il dolce risveglio.
Di cosa parla Paluanium [3]?
Siamo nell'astronave Elysium, in viaggio verso Tanis, un nuovo pianeta dalle caratteristiche simili alla Terra. Povera Terra: sovrappopolata all'inverosimile e sull'orlo del collasso con i suoi 27 miliardi di abitanti. La scoperta di Tanis dà nuova linfa alle speranze dei terrestri di trovare una seconda patria. Ecco quindi la spedizione colonizzatrice sulla Elysium: 65.000 coloni in viaggio verso una nuova terra promessa. Per raggiungere il pianeta ci vogliono 123 anni luce. L'equipaggio deve quindi viaggiare in iper-sonno ed organizzarsi in turni di risvegli in modo da garantire una corretta navigazione. Quando però si svegliano prima il caporale Bower (Ben Foster) poi il tenente Payton (Dennis Quaid), questi si rendono conto che c'è qualcosa che non va: il settore dell'astronave in cui si trovano è deserto, il loro iper-sonno è durato molto più del previsto e il reattore è a rischio di collasso e deve essere riattivato manualmente. E per di più, a causa del lungo iper-sonno, si sono svegliati senza memoria e deve passare del tempo prima che i frammenti di ricordi si ricompongano in un flusso sensato. Insomma, sono cazzi amari se non si interviene subito. Bower si offre di andare in avanscoperta lungo gli opprimenti e tenebrosi corridoi della nave, mentre Payton coordina le sue mosse attraverso la console di comando. I problemi arrivano a grappoli quando Bower capisce che non sono soli: disgustosi esseri antropomorfi sbucano dal nulla e cercano di fargli lo scalpo; a salvarlo saranno Nadia (Antje Traue) e Manh (Cung Le), membri dell'equipaggio risvegliatisi da tempo, in turni diversi. Qual è la causa di questo macello? Chi o cosa c'è dietro? Qual è il segreto della Elysium e della Terra? Per non parlare del Pandorum, che è sempre in agguato, pronto a colpire chiunque. Ma cos'è il Pandorum? E' uno stato di allucinazione causato dall'iper-sonno, a causa del quale chi ne è colpito impazzisce, ha visioni e si comporta in modo assurdamente folle, ossessivo, delirante.

Alcuni protagonisti.
Dai, diciamocelo, questo spunto è interessante a prescindere: chi se ne frega se è un frullato di altri film ed altre trame. Se, come me, siete interessati al risultato finale, all'atmosfera, alla voglia di capire come va a finire (non che ci voglia un genio), beh, se di fronte all'ennesimo déjà ju fate spallucce e borbottate "esticazzi?!", allora questo è un film che potrà darvi delle soddisfazioni. Il regista Christian Alvart ha confezionato un film solido, potente, non esente da difetti (poi ci torniamo) ma coerente dall'inizio alla fine. E con una forza visiva davvero splendida. Il punto di forza di Baloccum [3] è sicuramente la scenografia. La resa dei corridoi della Elysium è assolutamente eccezionale, resa tale da un misto di set e di computer grafica. La scenografa concorre fortemente alla felice resa dell'atmosfera cupa, opprimente, malsana che si respira nell'astronave. In questo, il film è sicuramente debitore a Punto di non ritorno, come accennato al Paragrafo 2 del Contratto. I due protagonisti hanno poi reso davvero convincenti i loro personaggi: Dennis Quaid recita quasi tutto il tempo solo col volto e, sticazzi, è davvero bravo. Ditemi voi se riuscite a rendere in modo perfetto il personaggio del Tenente Payton standosene sempre seduti su una cazzo di sedia mentre il povero Bower il Pirla va a farsi il culo là fuori. Insomma, grande Dennis. E grande Ben Foster, assolutamente dentro la parte e totalmente credibile. Vogliamo poi parlare di Antja Traue? Attrice decisamente interessante, che fra l'altro ritroveremo nel film "Man of Steel" di Zack Snyder (il reboot di Superman per intenderci). Un altro aspetto positivo, che coinvolge sempre l'aspetto visivo, è il make-up a cura dello Stan Wilson Studio, davvero eccezionale anche se i mostri risultano alla fine troppo simili a quelli visti in The Descent

Dennis per tre quarti del film: così.
Sì, va bene, si è visto che il film ti è piaciuto. Ma è davvero questo gran capolavoro?
Ovviamente non è un capolavoro. La sua mancanza di originalità, che è un pregio quando fa sì che lo spettatore venga proiettato immediatamente nel suo mondo fantastico, è anche il suo più grande limite. In questo contesto diventa difficile se non impossibile sorprendere. La trama, in fin dei conti, risulta banale pur partendo da un ottimo cliché (i protagonisti che si risvegliano senza memoria in una situazione disperata in cui devono capire il perché e come salvare le chiappe) perché lo svolgimento è decisamente lineare e gli indizi disseminati fanno capire, con un certo margine di anticipo, quale potrebbe essere l'apparentemente imprevedibile sviluppo.
In secondo luogo, ci sono alcune pecche registiche e di fotografia che rovinano l'ottimo impatto visivo. Nelle scene di combattimento si abusa eccessivamente:
- degli scuri
- di riprese accelerate e ipercinetiche
Ecco un mostriciattolo.
The Descent, nevvero?
con il risultato che non si capisce un cazzo di quello che avviene sullo schermo. E a me questa cosa irrita profondamente. Io voglio essere sempre al centro, voglio vedere e capire tutto. Se questo non avviene, la prima cosa che faccio è insultare il regista. Che è un tedesco. E con i registi tedeschi non si scherza, anzi a volte si viene colpiti da brividi di terrore (chi ha detto Uwe Boll?) Mi rendo conto che accostare Uwe Boll a Christian Alvart per quest'ultimo possa suonare come un insulto: ben lungi da me pensare ad una cosa del genere. E neanche mi metto a scomodare il teutonicissimo e iper-tronfio Roland Emmerich. Quindi teniamoci buono questo Alvart.

Merita sì, perdincibacco.
In definitiva, Verganium [3] merita?
Per me, assolutamente sì. Se riuscite a passare sopra i difetti, è un film che può regalare intrattenimento puro e un'ora e quaranta di buona visione. Il film era stato pensato come la prima parte di una trilogia, ma purtroppo è stato un fiasco al botteghino, al punto che non ha nemmeno recuperato tutto il budget (Wiki parla di 33 milioni di dollari contro 20 di incasso). Peccato, niente seguiti. Evidentemente ci sono stati anche problemi di scarsa pubblicità, unito al fatto che è un film che in pochi si sono cagati; discorso a parte quello della distribuzione italiana: il film è del 2009, in Italia l'abbiamo visto al cinema nel 2010 inoltrato. Chapeau.

Promosso, in ogni caso.

Note a piè di pagina
[1] Ridono tutti. [4]
[2] Ragazzi, questa era davvero sottile.
[3] Almeno non mi potete dire che ho fatto pubblicità: sono imparziale, io.
[4] Cit. Rorschach [5]
[5] Se non l'avete colta, sollazzatevi qui: Figures in action


Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 6
Ottimo spunto di partenza, per quanto sia un cliché abusato. Discreto e lineare nel proseguimento, con qualche leggero colpo di scena.
Musiche: 6,5
Ambient-garage-electro e non so cos'altro. Niente di eccezionale, va detto, ma adatto alle atmosfere che peraltro si basano più sugli effetti sonori che sulla musica.
Regia: 7
Davvero ottima; il punteggio è penalizzato da alcune scelte stilistiche che rendono incomprensibili le scene veloci.
Ritmo: 8
Un film che non stanca, con la giusta dose di mistero, suspense e accelerazioni horror piazzate nei punti giusti.
Violenza: 7
Un paio di scene anche splatter ben inserite nel contesto generale.
Humour: 2
Dai, che vi aspettate da un regista tedesco?
XXX: 2
Niente di niente, se non qualche inquadratura da fan-service sulla scollatura di Antje Traue. Tenetela d'occhio, parola di Neurone Numero 4.
Voto Globale: 7,5
Oh, a me è piaciuto. So che per molti non è stato così, evidentemente sono di bocca buona. Per me è un tentativo riuscito di mischiare anzi centrifugare molte tematiche tipiche del fanta-horror per ottenere un risultato finale soddisfacente.

martedì 20 novembre 2012

Tower Heist - Colpo ad alto livello (2011) | Recensione

Tower Heist - Colpo ad alto livello
Voto Imdb: 6,2

Titolo Originale:Tower Heist
Anno:2011
Genere:Commedia / Azione
Nazione:Stati Uniti
Regista:Brett Ratner
Cast:Ben Stiller, Eddie Murphy, Téa Leoni, Matthew Broderick

Il nuovo (poco) dinamico duo
Dopo tanti film horror e spazzatura, mi sono preso un'oretta e quaranta di riposo: avevo voglia di una bella action-comedy, così sono incappato in questo Tower Heist - Colpo ad alto livello. A richiamare la mia attenzione è stato innanzitutto il regista: Brett Ratner, che ho conosciuto e decisamente apprezzato grazie alla trilogia di Rush Hour, tre spettacolari e divertenti action movie con Jackie Chan e Chris Tucker (e che hanno incassato un botto ovunque). Poi c'è Ben Stiller, e qui il brivido è sempre in agguato, dato che non sai se aspettarti una di quelle cagatone dove lui partecipa con grande sollazzo, o uno di quei film meritevoli di molta attenzione. Infine c'è Eddie Murphy che da tempo non ne imbrocca una, essendosi addentrato in un percorso di declino artistico inarrestabile. Funzionerà l'amalgama di questi tre nomi che, presi singolarmente, hanno comunque un loro perché? Scopriamolo!

La banda in azione
Partiamo dal genere: l'ho definito action-comedy, sottintendendo con questo un buon bilanciamento fra le scene d'azione e quelle di intrattenimento allegro. Ecco subito una delusione: di action c'è molto poco, facendo sbilanciare l'ago della bilancia verso la commedia. Non che sia un male in tutto per tutto, ma da Brett Ratner mi aspetto a prescindere dosi massicce di adrenalina - non ai livelli di un Michael Bay, per intenderci, ma comunque a livelli più che alti. Pazienza! Di cosa parla il film? Lo dice il titolo stesso, Tower Heist ha come tema principale una rapina ("heist", che è un vero e proprio sotto-genere in America... se dico Ocean's Eleven capite subito di cosa parlo). Ben Stiller è Kovacs, il responsabile della sicurezza della Torre, un palazzo residenziale ultra-lussuoso nel centro di New York. La vita alla Torre deve scorrere via liscia e senza il minimo disturbo nei confronti dei ricchissimi inquilini, soprattutto del proprietario, Shaw, un grande magnate di Wall Street. Kovacs ammira tantissimo Shaw e lo protegge con amorevoli attenzioni. E, sempre Kovacs, ha il controllo assoluto dei dipendenti della Torre: il sistema di sicurezza è impressionante (se una mosca scorreggiasse, Kovacs lo saprebbe. Sissignori. Perdonatemi l'ardita iperbole). Tutti i colleghi devono onorare gli impegni con la precisione di un orologio svizzero. Peccato che improvvisamente un arresto-shock turbi l'ordine e l'idillio: Shaw è accusato di bancarotta fraudolenta e, per di più, è accusato di essersi indebitamente appropriato dei risparmi di una vita (i fondi pensione) di tutti i dipendenti, Kovacs incluso. La disillusione nel personaggio di Ben Stiller è fortissima, e in lui scatta la voglia di vendicarsi e di riappropriarsi del maltolto. In che modo? Rapinando Shaw stesso, ovviamente, penetrando nel super-attico della Torre ed eludendo i sistemi di sicurezza ideati da Kovacs stesso.
Sì, citazione di "I Soliti Ignoti".
Ad aiutarlo ci saranno: Slide (Eddie Murphy), un delinquente specializzato in piccole ruberie (il termine rapine è troppo, per lui), Chase (Matthew Broderick), un intelligentissimo nonché imbolsito esperto di finanza caduto in disgrazia e Charlie (Casey Affleck), collega pasticcione di Kovacs. Ad incrociare le strade di questa improvvisata banda dei Soliti Ignoti Oltreoceano c'è Claire (Téa Leoni), agguerritissima agente dell'FBI. 

A sinistra, la spassosa Odessa
Diciamolo subito: Tower Heist è un film più che godibile, nonostante la delusione di cui ho accennato poc'anzi. Il registro è quello della commedia, con qualche sprazzo di scena divertente, per lo più sorretta in modo inaspettato da Matthew Broderick e da Casey Affleck. Soprattutto il primo è stata una bella sorpresa, io l'ho apprezzato moltissimo. Ben Stiller è invece molto misurato, quasi drammatico nella sua interpretazione ed infatti quasi tutti i momenti di tensione sono basati sul suo personaggio. Eddie Murphy, inutile sottolinearlo, ha un ruolo perfino più marginale di quanto prevedessi (e nonostante figurasse fra i produttori del film), quasi a voler mantenere un certo distacco. Ok, non cercate di strapparmelo con le tenaglie, ve lo dico apertamente: non fa ridere manco per il cazzo, al punto che la vera grossa delusione del film è proprio lui. Téa Leoni è invece bravissima e adorabilissima (sì, oggi si sprecano i superlativi): bello il personaggio e ottima la sua interpretazione. Bravissima anche Odessa, cameriera giamaicana esperta in... casseforti. L'unica scena veramente improvvisata vede la sua presenza e fa sicuramente sorridere.
Il Ferrarino in oggetto...
La regia è solida e senza sbavature. I pochi momenti action sono comunque validi, su tutti il tentativo di spostare di qualche piano del grattacielo una Ferrari 250 GT Lusso del '63 che si trovava "parcheggiata" nell'attico. Queste scene valgono onestamente gran parte del film.
Finale non scontatissimo, segno che si è cercato di lavorare anche sulla sceneggiatura. La quale, tra l'altro, cerca di veicolare anche una sorta di messaggio critico e dissacrante sulla crisi economica contemporanea. A mio avviso la critica non centra perfettamente il bersaglio, forse perché si è scelto (giustamente) di mantenere un registro leggero e ironico.

La fantastica Téa Leoni
Conclusione: onesta commedia con qualche venatura di action, che non mantiene tutte le aspettative ma che si lascia guardare con piacere. Insomma, scongiurato il pericolo "cagata-micidiale-di-Ben-Stiller". (o di Eddie Murphy. Fate voi!).









Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 6
Lineare, solida, non eccessivamente scontata.
Musiche: 6
Funzionali allo scopo, ma niente di trascendentale.
Regia: 6,5
Senza sbavature o troppi virtuosismi. Brett Ratner ha svolto il compitino senza strafare.
Ritmo: 7
E' sicuramente l'aspetto più positivo del film. E' un film che pur mantenendo la rotta lungo i binari della commedia, non stanca.
Violenza: 4
Non è certo il motivo per cui guarderete Tower Heist.
Humour: 6,5
Non fa sganasciare dalle risate, ma è sufficientemente divertente. In fondo è una commedia, non è comico.
XXX: 0
Zero.
Voto Globale: 6
Aveva un grandissimo potenziale non pienamente sfruttato fino in fondo. Peccato, ma non è da buttare via, e si guadagna una meritata sufficienza.

sabato 17 novembre 2012

Hostel: Part III (2011) | Recensione

Hostel: Part III
Voto Imdb: 4,6

Titolo Originale:Hostel: Part III
Anno:2011
Genere:Horror / Splatter
Nazione:Stati Uniti
Regista:Scott Spiegel
Cast:Kip Pardue, Thomas Kretschmann, Nickola Schreli, Zulay Henao, Sarah Habel

Ok: in quanti sapevano che esiste anche il terzo capitolo della saga di Hostel? Probabilmente chi ha risposto "No" è perché non si è accorto che questo film non è uscito al cinema ma direttamente nel mercato dell'home video. Questo, cari miei, spiega molte cose. Sappiate innanzitutto che Hostel: Part III (da ora in poi HPIII) è il peggiore dei tre. Oh yeah, spero di non avervi scioccati con questa rivelazione. Il bello è che non solo è il peggiore dei tre, ma questi addirittura ambisce al titolo di Vera Merda, tentando di entrare nel ristretto novero di perle quali Robotropolis, The Terminators e Zombie Apocalypse. Ce la farà? Scopriamolo insieme...

Se mentre leggete i nomi del cast aggrottate le sopracciglia e vi chiedete, con sguardo vacuo: "Chi cazzo sono questi?", beh, non posso biasimarvi. Forse agli appassionati dei film horror è più noto il regista Scott Spiegel: questi, infatti, amico di Sam Raimi, ha partecipato alla sceneggiatura del capolavoro "La Casa 2". Per non  parlare della regia di film quali "Intruder - L'Intruso" e "Dal Tramonto all'Alba 2". Se pensate che io sia un mostro a sapere queste cose, siete fuori strada: sciorino sapienza saccheggiando Google a piene mani.
Quello che più si nota in HPIII è però l'assenza di Eli Roth. Se all'inizio potevo pensare che fosse un bene, ecco che alla fine mi sono dovuto amaramente ricredere. Mai avrei pensato in vita mia di rimpiangere l'assenza di Eli Roth, segno che si è raggiunto il fondo.

I quattro deficienti.
Finita la dovuta presentazione del risibile cast, fiondiamoci sulle considerazioni di questa perla misconosciuta. Toglietevi dalla testa le tetre (e rivalutate col senno di poi) ambientazioni della Slovacchia: HPIII è infatti ambientato a Las Vegas. L'Organizzazione esiste sempre ed in fondo il tatuaggio del cane è l'unica cosa che i tre film della saga hanno in comune. Il film inizia con le solite carrellate da cartolina di Las Vegas (trite e ritrite, viste e straviste, insomma potevo farle pure io prendendo spezzoni a casaccio da YouTube) e subito parte l'unica scena degna di nota di tutto il film, in uno sprezzante e ardito gioco di ribaltamento dei ruoli. Un ragazzo solitario ed impacciato entra in un hotel della Capitale della Perdizione, prende le chiavi della sua nuova camera, apre la porta e vede... la solita gnocca discretamente (s)vestita e il suo uomo dall'aria truce. Sono ucraini, e questo agli occhi della produzione spiega il fatto che lei sia libertina e lui un uomo poco raccomandabile. Sorvolando sull'assurdità del fatto di entrare in una camera prima che gli ospiti la liberino (oh, a me non è mai successo), vediamo che l'ucraino tira fuori un bel bottigliozzo di vodka e la offre al pischello. Il quale di rimando tira fuori delle birrozze dallo zaino e le contro-offre agli ucraini, mentre con occhio laido luma la tipa. Ecco il colpo di scena: gli ucraini, storditi dalla droga contenuta nella birra, cadono stecchiti ai piedi del ghignante sbarbatello: ohibò, lui fa parte dell'Organizzazione e ha appena trovato delle nuove vittime da torturare!
Non male come inizio, vero? Peccato per tutto il resto, purtroppo.
Facciamo un gioco: vi do questi indizi sui veri protagonisti, e voi mi dite come va a finire la trama. Non è difficile, dai!
  • Il protagonista è PromessoSposo che in passato ha tradito NeoSposina.
  • C'è Testimone, suo grande amico, che fra l'altro è l'ex moroso della stessa NeoSposina.
  • NeoSposina ha un bel visino angelico e ha perdonato il tradimento una volta che l'ha scoperto.
  • Testimone, faccia da stronzo, organizza l'addio al celibato a Las Vegas dal quale NeoSposina è giustamente esclusa.
  • Si aggregano gli amici MaritoPentito e StorpioStampellato.

Due amichette.
In America, giusto perché sono più sboroni, l'Organizzazione si comporta in modo un po' diverso che in Europa. Le torture vengono effettuate in una specie di teatro dove i ricconi partecipano a quella che viene nominata Ruota della Sfiga ("Wheel of Misfortune") con la quale scommettono su chi muore, su quale arma darà il colpo finale e così via. Ah ah ah. Le ambientazioni sporche, putride, marcescenti della vecchia Bratislava sono qui sostituite dallo scintillio, dalle luci, dal colore di Las Vegas. Una virata che toglie non gran parte ma proprio tutto del già poco pathos che si respirava nei primi due capitoli.

Passiamo subito ai due aspetti che più interessano a chi va a guardare i film della saga di Hostel.

Scena di un finto, ma di un finto...
Gnocca: c'è qualche ballerina di Las Vegas. Vista di sguincio. Brutta.
ViUlenza: lasciate perdere, davvero. Le scene di tortura sono di un ridicolo mai visto: sangue in pessima computer grafica, solita scena grottesca di schifosi scarafaggi (in CG pure loro) che soffocano una biondina vestita da cheerleader, una scena in cui viene strappata la pelle dal volto del poveraccio di turno (fintissima), qualche accoltellamento abbastanza patetico, delle frecce dolorosamente conficcate in punti maschili molto delicati, un po' di bruciacchiature, una rissa che non è nulla rispetto a quella in cui, in quinta elementare, presi a pugni un compagno di classe. Insomma:  Il fantastico mondo di Paul era molto più violento di HPIII.

Violenza allo stato brado.

E questo dovrebbe essere efferato?
Dato che le due portate principali del film sono assolutamente deficitarie, è meglio soffermarci sul contorno (che in altri film sono in realtà gli aspetti principali, bello quest'altro ribaltamento di ruoli).

Trama
Assurda, irrealistica, sconclusionata, piena di situazioni per nulla credibili che rovinano inesorabilmente il piacere che c'è nel gustarsi questa roba. Il finale è però talmente assurdo ed improbabile da sembrare quasi una nota di colore positiva rispetto a tutto il resto.

Dialoghi
Di una povertà sconcertante.
Esempio: NeoSposa non vuole che l'addio al celibato sia il solito spettacolo di spogliarelliste.
Testimone: - Tranquilla, andiamo a giocare a golf a Palm Springs!
Stacco, inquadratura delle mazze da golf dietro l'auto in movimento.
Testimone, rivolto allo sposo: - Tranquillo, non sarà quella la mazza che userai a... Las Vegas! Ah ah ah!
Stacco.
Ed espressione stupe(fatta) del sottoscritto, che non sentiva queste battute dai film di Jerry Calà negli anni '80.

Fatto cacca fatta tutta?
Recitazione.
Io una volta ho partecipato ad una recita ai tempi dell'oratorio. Mi ricordo ancora le battute che dovevo recitare, d'altronde le avevo scritte io (gli autori erano gli attori stessi. Fico, vero?)
- Ehi, guarda! C'è un pezzo di pizza che puzza nel pozzo! E' mia! In guardia, marrano!
Estrassi la spada (ero vestito da Robin Hood. E avevo la spada. Giusto per farvi capire, eh).
Sentii il pubblico che sghignazzava di fronte alle mirabolanti gesta del novello Erroll Flynn mentre la spada appena sguainata cascava sul palco.
Ecco, dopo aver visto HPIII sono orgoglioso di questo mio ricordo. Sul serio. Le immagini a corredo di questa recensione dovrebbero essere molto esplicative.


Espressione intelligente 1

Espressione intelligente 2
Produzione
Orco giuda, io non riesco a non ridere quando mi accorgo di errori grossolani commessi dagli attori o dal montaggio, e che restano anche nel final edit. Se me ne accorgo io, vuol dire che in realtà non c'è nemmeno stata una parvenza di controllo-qualità.
Scena:
Squilla il cellulare: è arrivato un SMS. Tizio: ehi, ha scritto Mike!
Stacco, inquadratura del cellulare, si legge il nome del mittente: Nikki.
Ma dai.


Espressione intelligente 3

Espressione intelligente 4

E l'ucraino che compare all'inizio del film?
Curioso, questo personaggio. In pratica viene catturato ed imprigionato in una cella. Ogni tanto compare una scena in cui costui urla e sbavicchia con sguardo truce ed allucinato qualcosa del tipo: "Bastardiiiiiiiii vi ammazzoooo! Gwaaaaahhhh! Se mi libero siete mortiiiiiiiiiiiiiiiiih!". Durante le concitate fasi finali riesce a liberarsi e... mUore in un nanosecondo. Piff. 


Espressione intelligente 5

Espressione intelligente 6

Conclusione.
Evitatelo, è un film davvero inguardabile ed improbabile. Ha un solo aspetto positivo: il ritmo, che resta ben sostenuto dall'inizio alla fine. Gli sforzi registici, la sceneggiatura e la recitazione rovinano comunque il risultato finale. Al punto che dei primi capitoli di Hostel non c'è davvero nulla.

Nota di colore
HPIII è migliore o peggiore di Robotropolis?
Assolutamente migliore, grazie al ritmo di cui poco sopra. E' talmente migliore che fallisce l'obiettivo di entrare nella cerchia delle Vere Merde. E' solamente un brutto film. Mi spiace, Scott.

Neurone Numero 4
E' con mestizia che Numero 4 vi annuncia la mancanza di materiale di qualità. Uno smacco su tutta la linea.

Riferimenti correlati

Questa è infine l'espressione dello spettatore alla fine del film.

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 4
Assurda ed improbabile.
Musiche: 5
Ah, c'erano?
Regia: 4
A livelli amatoriali, e mi spiace dirlo di Scott Spiegel. Chiiiii?
Ritmo: 7
L'unico aspetto davvero positivo di questo film. Non è noioso... almeno quello.
Violenza: 5
Ma per favore. Quello che doveva essere il suo aspetto principale risulta essere all'acqua di rose causa pedestre realizzazione.
Humour: 5
Molto umorismo involontario.
XXX: 4
Qualche ballerina di lap dance.
Voto Globale: 4
Decisamente pessimo. Riesce però a fallire nel patetico tentativo di entrare nell'Olimpo delle Vere Merde.
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